Tares, rabbia in piazza, “condannati a fallire”
NAPOLI (di Attilio Iannuzzo – Il Mattino) – In piazza per dire «no» alla Tares, bollata come una tassa ingiusta e iniqua, per alcuni addirittura «un furto legalizzato» dallo Stato. Gli importi triplicati che gli esercenti devono versare per rifiuti e servizi mettono in ginocchio le attività produttive.
La manifestazione, organizzata dal presidente di Cobas Imprese, Giuseppe Graziani, ha coinvolto i titolari delle attività commerciali che, documenti alla mano, hanno denunciato le cifre folli comparse sulle loro cartelle di riscossione: «Chiediamo al Sindaco un incontro urgentissimo – spiega Graziani – per rivedere gli importi e le cartelle, perché l’aumento spropositato della Tares non può che essere un errore, almeno speriamo, in quanto non è pensabile che ci siano stati rincari del 300% per le categorie ortofrutticole, le pescherie, i negozi di piante e fiori e le pizzetterie al taglio; per ristoratori e bar gli aumenti sono del 450%, e tutto questo ci sembra davvero assurdo». La scadenza della prima rata è alle porte. «Questa assurda vicenda – insiste Graziani- non solo si riflette sul tessuto economico di questa città ma il vero rischio è sociale, l’obbligo di versare cifre così alte si ripercuote nelle famiglie distribuendo povertà, disagi e disperazione davanti all’inevitabile fallimento delle attività: per questo è un dovere morale delle istituzioni occuparsi della tutela delle attività produttive, unico strumento economico del Paese». Una «tassa assassina», la definiscono i titolari delle attività commerciali presenti in piazza, che «mette in ginocchio piccole e medie imprese che si trovano a pagare la Tares talvolta con importi maggiori dell’Imu stessa», dicono. «Mi è arrivata una cartella Tares da 2.300 euro mentre l’anno scorso ne pagavo 1000 – dichiara allarmato Giancarlo Pinto, parlando del suo piccolo negozio di fiori – le vendite sono calate almeno del 70%, nessuno compra più fiori e ora devono spiegarmi come faccio a saldare il debito». «Paghiamo già 360 euro di tasse per rifiuti speciali della pescheria – dice Vincenzo Sauro con in mano la cartella relativa al piccolo negozio di pesce – in più la Tares, che l’anno scorso ammontava a 450 euro, oggi è di 1624 euro». «Siamo affossati da questa tassa – grida Anna De Crescenzo, pescivendola – o diamo da mangiare ai nostri figli oppure paghiamo la Tares, quando ci è arrivata a casa la cartella di quasi 5000 euro, contro i 1439 euro dell’anno scorso, ci è venuto da piangere». Sulla questione Tares anche Marco Mariani dell’Ampi (Associazione piccole e medie imprese) nazionale presente al sit-in, dà manforte ai manifestanti: «Imprese e commercianti non sono tutelati e in un momento di crisi, dove la vicenda della Terra dei fuochi sta danneggiando ulteriormente i commercianti partenopei, un negozio rappresenta un lampione di legalità, oltre che tessuto produttivo della città. In più a Napoli tutti hanno pagato per anni la tassa sui rifiuti che invece campeggiavano per strada e nessuno ha risarcito i contribuenti per i danni a loro provocati». I dati nazionali confermano l’emergenza sociale: negli ultimi 18 mesi 162 imprenditori si sono suicidati. Dal 2009 al 2013 48939 imprese hanno dichiarato fallimento. Negli ultimi 5 anni 100mila case sono state sottoposte ad asta per pignoramenti.