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Perdono gli imprenditori, vincono i padroni

NAPOLI (di Attilio Iannuzzo) – Nuovi scenari per il paese, nulla di buono. Libertà di licenziamento e cancellazione dello Statuto dei lavoratori, riduzione delle retribuzioni per i dipendenti pubblici, blocco delle pensioni di anzianità, aumento a 65 anni dell’età pensionabile per le donne del settore privato. Un livello così basso non si era mai raggiunto. Tutto ciò rappresenta una nuova guerra al mondo del lavoro: un’offensiva ai diritti e alle tutele del lavoro giustificandola ideologicamente come una indispensabile modernizzazione del mercato del lavoro e, più in generale, della nostra economia. L’attacco all’art.18 non è una novità: Berlusconi ne fu promotore nel 2001, con l’appoggio di Confindustria, il cui presidente di allora era Antonio D’Amato. Quell’operazione venne sconfitta, ma certi “modernizzatori” non si arrendono mai. Intanto, in una crisi come quella in cui vive il nostro paese, in cui 400mila giovani perdono il posto, stando ai dati dello scorso anno, il governo vorrebbe favorire la «flessibilità in uscita», cioè dare alle imprese la libertà di licenziare, per favorire il risanamento e rilanciare l’economia. Un modo semplice per aumentare i licenziamenti in modo esponenziale. Il governo usa a suo favore la debolezza dei sindacati. La frammentazione che vive il mondo del lavoro è un’arma nelle mani di questa classe dirigente. Si prospettano reazioni sociali, nessuno accetti queste provocazioni.

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