Fabrizio Scala, l’artista napoletano si racconta
NAPOLI (di Claudia Carbone) – Un disegnatore non accademico. E non chiamatelo pittore o artista perché sono classificazioni che non gli piacciono, “magari un giorno tra venti o tren’anni mi potranno definire artista”, è il massimo che si concede Fabrizio Scala. Napoletano, classe ’75, ma potrebbe tranquillamente spacciarsi per una classe ’80 e anche più.
Se il nome non vi è ancora entrato in testa, lo saranno sicuramente le sue opere, disegni dai soggetti super originali e dai colori sgargianti, che per un bel po’ hanno accolto i turisti a Capodichino, mostrando Napoli “Con gli occhi di un bambino” e gli automobilisti napoletani ai parchimetri, con il disegno “Caracciolo in sosta autorizzata”. La storia di come ha iniziato è “simpatica” come la definisce lo stesso disegnatore.
Il Fabrizio Scala adolescente non ha mai mostrato particolari predisposizioni artistiche, anche se ad un professore di educazione artistica non dispiacevano i suoi disegni. Fabrizio si ricorda come un ragazzo “timido ed insicuro, a tratti persino mediocre”, che però cercava disperatamente la propria strada. Tra una chitarra e una penna, quando era nella fase “faccio il cantante” (almeno riconosce che non era stonato), capita in un negozio di colori e compra una tela , “la più economica perché non sapevo nemmeno bene cosa ci avrei fatto”, un pennello e un acrilico rosso. E’ lì che cominciano le sue prime sperimentazioni, replicando un disegno che aveva sempre fatto a scuola e che non gli dispiaceva, una serie di linee curve che si inseguono su tutta la tela. Non crede ancora molto in questa strada il giovane Fabrizio, ma senza accorgersene sta mettendo le radici per quelli che saranno i suoi lavori futuri. Nel frattempo, ligio al dovere di figlio e studente, continua la formazione studiando, seppur a rilento, alla facoltà di giurisprudenza “non sono mai stato uno che ha studiato tanto, di base sono pigro e non sono mai stato convinto di voler fare l’avvocato, ma sono contento di aver portato a termine anche questo progetto”.
Fabrizio infatti si laurea e l’avvocato comincia a farlo per davvero, nello studio del suo amico Enzo, fino al giorno in cui lo stesso amico, conoscendolo bene, gli dice “tu sei un pittore, che ci fai qui dentro?”. E’ forse quello il momento in cui Fabrizio capisce di dover assecondare la sua passione, provando a farla diventare il proprio lavoro, “ogni giorno appena mi alzo, ringrazio ancora Enzo per quelle parole”. Inizia dai segnalibri, passando per i magneti che ritraggono i suoi disegni e che vengono venduti alla Feltrinelli con grande successo, tanto da consentirgli di fare una prima mostra nella stessa libreria. Da lì, piano piano, le occasioni aumentano, arriva l’esposizione a Capodichino, l’arredo urbano con i parchimetri, l’utilizzo di suoi disegni per i congressi internazionali dell’ospedale Pascale e addirittura la presenza di una sua opera nella sala stampa del Comune di Napoli.
Insomma ne ha fatta di strada il ragazzino “timido, confuso e mediocre” (che poi fossero queste le mediocrità, saremmo tutti a posto)! Fabrizio Scala oggi fa anche orientamento nelle scuole e facendo tesoro della sua esperienza, ci tiene a dire ai ragazzi di seguire le proprie passioni, se ognuno abdicasse al proprio sogno “ci ritroveremmo tutti con un “ovo sodo” in petto, come il film di Virzì che consiglio di vedere ai ragazzi”. Inutile dire che gli studenti lo adorano per la schiettezza con cui parla loro. Ma il disegnatore raccomanda ai giovani anche di studiare, e tanto, perché “il confronto con i professori è importante, così come lo studio e gli esami, i primi ostacoli che impariamo a superare nella vita”.
E qual è un ostacolo che Fabrizio Scala si trova a dover affrontare oggi? Spesso la mentalità della gente perchè “alcune persone sono prevenute, non capiscono la mia tecnica (stampa digitale su forex), i miei soggetti (si va dai paesaggi, passando per San Gennaro e arrivando ad una mucca) e l’utilizzo così forte dei colori”. Un appunto che gli viene fatto di frequente è che le sue opere non sono “olio su tela”, ma Fabrizio, che in passato ha pure utilizzato questa tecnica, replica “è una considerazione che non mi tocca perché non è quella la direzione in cui voglio andare”. Gli chiedo allora quale sia il complimento che gli fa più piacere, mi risponde: “Quando mi dicono che l’opera è bella e originale, ma il massimo è quando mi dicono che sono cariche di vita e le appendono in casa, una grandissima soddisfazione”.
Da poche settimane Fabrizio Scala ha anche un accogliente spazio di esposizione in Via Piscicelli 1/H, si chiama non a caso “Il colore al centro” ed è il luogo dove si possono ammirare e acquistare le sue opere e dove ci assicura che presto vedremo nuove creazioni. Un’anticipazione? La sperimentazione passerà dalle superfici verticali a quelle orizzontali, con la creazione di tavoli molto originali!