Affida la figlia neonata alla culla per la vita: l’ultimo gesto d’amore di una madre
di Tiziana Pagano
Probabilmente, è stato l’ultimo atto di amore nei confronti di sua figlia quello che ha spinto una donna ad abbandonare la neonata nella culla per la vita nella sede della Croce Rossa di Bergamo, nella giornata di ieri, 3 maggio.
Ad accompagnare la piccola, un biglietto: “A casa, solo io e lei. Non posso, ma le auguro tutto il bene e la felicità del mondo. Un bacio per sempre (dalla mamma). Vi affido un pezzo importante della mia vita, che sicuramente non dimenticherò mai”.
Parole strazianti che raccontano chiaramente il dolore provato dalla donna e tutto l’amore nei confronti di sua figlia. Amore che ha dimostrato, scegliendo di affidarla alla culla per la vita invece di gettarla in un cassonetto della spazzatura, come purtroppo sentiamo ancora troppo spesso.
Nessuno ha il diritto di giudicare il gesto di una madre che ha deciso fosse più giusto separarsi da sua figlia, per il bene della bambina, per il suo o di entrambe. Così come nessuno ha il diritto di giudicare una donna che sceglie di non portare avanti la gravidanza, per il bene suo, del futuro nascituro o di entrambi.
Si sente troppo spesso di donne che non sono riuscite ad abortire perché trovare personale medico che non sia obiettore di coscienza, può essere davvero difficile. Le donne che intendono interrompere una gravidanza, infatti, si trovano troppo spesso a dover fare i conti con gli obiettori di coscienza, ossia personale sanitario che decide di non praticare l’aborto. Basta guardare i dati presenti sul sito del Ministero della Salute per rendersi conto della realtà dei fatti: nell’Italia Settentrionale, il 60,7% dei ginecologi e il 36,2% di anestesisti sono obiettori di coscienza, con i dati più alti a Bolzano dove la percentuale di ginecologi e anestesisti è rispettivamente 75,7% e 68,9%; nell’Italia Centrale, gli obbiettori di coscienza sono il 65,9% di ginecologi e 44,6% di anestesisti con l’apice – rispettivamente – del 74,8% e 60,1% nel Lazio; nell’Italia Meridionale, la percentuale sale al 79,1% di ginecologi e il 60,6% di anestesisti toccando l’81,6% e l’83,3% in Basilicata; nelle Isole, abbiamo il 78,8% di ginecologi e il 66,4% di anestesisti con punte dell’85,8% e 73,1% in Sicilia.
Questa madre che ha scelto a malincuore – lo si legge dalla lettera – di staccarsi da sua figlia avrebbe preferito interrompere la gravidanza e non ha potuto? Avrebbe voluto occuparsi della figlia ma le sue condizioni economiche e la mancanza di tutela lavorativa nei confronti delle madri, l’hanno convinta che non sarebbe stato possibile? Oppure è una donna che ha voluto portare a termine la gravidanza ma non continuare a essere madre? Nell’ultimo caso, si tratta di una scelta libera, consapevole e che nessuno può giudicare. Anche perché, il gesto di affidare la neonata ad una culla per la vita e non a un cassonetto della spazzatura, è degno di una madre amorevole e di una persona umana. Negli altri due, non si tratta di scelta ma di una costrizione dettata da un sistema legislativo che non è ancora all’altezza di garantire alle madri il diritto di esserlo fino in fondo. Queste storie, dovrebbero farci riflettere e dovrebbe portare le istituzioni a chiedersi se non sia il caso di fare qualcosa in più.