Vigliacchi
I «franchi tiratori» ci sono nella vita, figuriamoci nelle aule parlamentari, dovevamo aspettarcelo. Il parlamento, che deve necessariamente garantire i diritti attraverso le leggi, oggi priva i cittadini di essere liberi, affossando il DDL Zan nel peggiore dei modi, nell’ombra. Perché quando si affossa un disegno di legge che apre la società ad orizzonti di civiltà, lo si può fare solo col viso coperto, un po’come quando vengono arrestati i furfanti che coprono il volto dinanzi alla folla per la vergogna.
La discussione sul Ddl Zan è uscita dalle aule parlamentari e diventa virale sui social anche grazie all’impegno attivo di molti artisti che hanno deciso di prendere una posizione alimentando la discussione. Ma cos’è il Ddl Zan? Cosa prevede e soprattutto cosa chiede? Il Ddl Zan prende come di consueto il nome dal suo relatore, Alessandro Zan, deputato ed esponente della comunità LGBT. Il nome tecnico del Disegno di legge è “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità“. Sostanzialmente l’idea è quella di inasprire pene e sanzioni per i casi di violenza e discriminazione per motivi di genere, sesso, disabilità e orientamento sessuale. L’inasprimento delle pene e un nuovo quadro normativo servirebbero – nelle intenzioni – a tutelare maggiormente queste persone.
Montecitorio Con il Ddl Zan si chiede l’istituzione di nuovi reati e di una giornata nazionale contro le discriminazioni. La data indicata è quella del 17 maggio. Non solo. Si chiede anche che vengano stanziati quattro milioni di euro destinati alla promozione di iniziative contro la violenza e la discriminazione. In linea di massima, le pene richieste per atti di violenza o discriminazione contro le categorie citate sono le seguenti: per atti di discriminazione (o istigazione) la pena prevede la reclusione fino a 1 anno e sei mesi o una multa fino a 6.000 euro; per chi partecipa o favorisce organizzazioni che hanno tra gli scopi l’incitamento alla violenza o alla discriminazione la pena è fino a quattro anni di reclusione.