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Pinocchio, in poche parole

di Danilo Piscopo

Matteo Garrone è alla sua decima opera cinematografica: partiva con Terra di Mezzo del ’96, arriva al 19 dicembre 2019 con Pinocchio, basato quasi fedelmente al testo di Collodi del 1881.

Pinocchio è di sicuro la fiaba italiana più famosa del mondo. Geppetto, misero falegname, povero e sporco, decide di fabbricarsi da solo un burattino, che ricaverà da un tocco di legno (apparentemente magico) donatogli da Mastro Ciliegia, falegname a sua volta. Concluso il lavoro, Geppetto, decide di chiamare il burattino Pinocchio, perché, come scrive l’autore: “Ho conosciuto una famiglia intera di Pinocchi; Pinocchio il padre, Pinocchia la madre e Pinocchi i ragazzi e se la passavano bene. Il più ricco di loro chiedeva l’elemosina”

Quando il burattino, ormai concluso, inizia a parlare e a camminare, per il resto della storia non farà altro che combinare guai, fino ad arrivare alla redenzione (crescita) totale, per poi guadagnarsi il privilegio dell’essere trasformato dalla fatina in un bambino vero.

Garrone ama la storia, la ama fin dalla tenera età, quando la disegnava e, addirittura, la storybordava. Da adulto, divenuto regista affermato, decide di portarla in scena puntando sulla bellezza visiva e sull’uso, mai eccessivo, di effetti digitali. Garrone non è la prima volta che si cimenta nel genere fantastico, infatti questa pellicola ricalca fortemente le atmosfere già viste ne Il Racconto dei Racconti, tratto da Lo Cunto de li Cunti di Giambattista Basile del 1634.  

La scelta degli attori è impeccabile, dal piccolo Federico Ielapi nel ruolo di Pinocchio, a quello di Geppetto, interpretato degnamente da un Roberto Benigni finalmente convincente. Molto azzeccata la scelta di Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini nel ruolo del Gatto e la Volpe, che regalano un’interpretazione sublime al limite del grottesco. Tutto funziona, dai costumi alla fotografia, per non parlare del lavoro magistrale fatto dal trucco di Mark Coulier, che ci regala un Pinocchio estremamente credibile, così come i volti di tutti i personaggi.

C’è da chiedersi allora: esistono difetti in questo film? Ci sono. Ed è giusto che ci siano.

Il primo dei difetti va sicuramente imputato al montaggio, che appesantisce il film con un ritmo lento, il quale tenta di trascinarsi per tutti i 125 minuti, allungando inutilmente le scene con silenzi, che forse, avrebbero dovuto essere dimezzati o, addirittura, eliminati.

Il secondo difetto, ahimè, risiede nella sceneggiatura. Lì dove Collodi si ferma, Garrone e Ceccherini (firma anch’esso la sceneggiatura) ci mettono farina del proprio sacco, banalizzando concetti o inserendoci spezzoni di dialoghi mediocri che non rendono onore all’autore. Lo stesso accade per le scene che non sono già presenti nel libro, ma che vengono inutilmente allungate. Questo è incomprensibile. Chiunque abbia letto il libro di Collodi, è consapevole che bastava semplicemente riformulare il tutto per il grande schermo, senza toccare chissà poi cosa. Stessa sorte per il finale del film, tagliato con l’accetta, monco e senza lo spessore morale e visivo dell’originale.

In ultimo, la regia. Garrone ci aveva abituato a film rischiosi e controversi, qui la sua regia non si destabilizza, è fin troppo sicura, senza sfide, senza ricercatezza. Quello che non ci si aspetta da Garrone è un semplice film per famiglie, senza una vera e propria indagine sulle varie sfaccettature del romanzo, che è, senza ombra di dubbio, una favola dai toni cupi e, spesso, grotteschi, come il Pinocchio di Collodi.

Il burattino ribelle, che nel racconto, sfida l’autorità paterna commettendo azioni al limite della moralità, sempre con il sorriso sulle labbra (come solo i bambini possono) non viene fuori nel Pinocchio di Garrone, che sembra essere sempre stralunato e in balia, inconsapevole, degli eventi.

Scelta stilistica o lettura superficiale del testo? O, peggio ancora, voglia di non far veramente del male?

In conclusione, il film vale la pena di essere visto senza ombra di dubbio. Un ottimo film d’intrattenimento con qualche scena accuratamente suggestiva.

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