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Cronaca

L’Assostampa chiude i battenti, serve chiarezza – Intervista a Ciro Pellegrino

NAPOLI (di Claudia Carbone) – Ciro Pellegrino ci spiega i motivi per cui il sindacato dei giornalisti in Campania chiude i battenti, ovvero per “sottrarsi al debito di oltre tre milioni di euro per il “ritardato rilascio” dell’ex Circolo della Stampa in Villa comunale (la “Casina del boschetto”) di proprietà del Comune di Napoli”, debito contratto dal momento della scadenza del contratto nel 1985, fino allo sfratto nel 1999,  a cui si aggiungono più di 20mila euro per spese legali.

Ciro Pellegrino
Ciro Pellegrino

Secondo Pellegrino è una “cosa gravissima che un sindacato possa morire in questo modo e ancora più grave il fatto che si pensi semplicisticamente di farne nascere uno nuovo sulle ceneri di quello vecchio. La nuova associazione sindacale nascerebbe come conseguenza di una truffa non perseguita – prosegue Pellegrino. Io non accuso nessuno, però è un dato di fatto che nonostante l’Assostampa non pagasse più il canone d’affitto, i soci versavano regolarmente la loro quota. Ci potrebbero spiegare tutti i soldi versati che fine hanno fatto? Anche se per adesso non è stata rilevata una responsabilità penale non è detto che in futuro non ne verranno riscontrate. Io non ci sto a far andare di mezzo l’intera categoria dei giornalisti per mancanze che potrebbero essere attribuite invece a specifici soggetti”.

E’ un Ciro Pellegrino fermo e deciso quello che parla, anche perché la scomparsa del sindacato giornalisti si intreccia con lo spinoso dibattito sulla “Casina del Boschetto” e con il tema dell’infelice gestione del patrimonio pubblico napoletano, oggetto appunto del suo ultimo libro, scritto a quattro mani con il collega Giuseppe Manzo.

“La Casina del Boschetto, in passato storica sede del Circolo della Stampa, – ci spiega Pellegrino-  rappresenta una struttura di valore che oggi è lasciata a marcire nell’incuranza generale, nonostante sia stata spesa una tornata di fondi per restaurarla. In quale altra città del mondo una struttura del genere, con quella posizione di fronte al mare, verrebbe lasciata in un tale stato di degrado? Si potrebbero ipotizzare mille usi, dal sociale alla gestione di un privato, qualsiasi cosa purché non giaccia in quelle condizioni indegne. Basta farsi un giro dentro per rendersi conto dello stato barbaro in cui è stata ridotta”.

Ma questo è solo uno dei tanti sprechi di soldi pubblici che si possono contestare all’amministrazione napoletana. Il libro di Pellegrino e Manzo “Le mani nella città” fornisce un’accurata disamina degli scempi fatti al patrimonio pubblico di Napoli. Tanto per citare alcuni dei casi trattati: c’è il palazzo dell’ex Anagrafe a piazza Dante che giace in disuso, un palazzone al centro di un crocevia napoletano focale, tra via Toledo e il Museo, sopra la metropolitana e a pochi passi dalla cumana; oppure lo stabile in via Foria dove ha sede l’hotel del Real Orto Botanico, una struttura di quasi 3000 metri quadrati svenduta per soli due milioni di euro circa, come se  “Palazzo San Giacomo valesse quanto un fabbricato delle Vele a Scampia” ha commentato amaramente nel maggio scorso il consigliere comunale Troncone.

Non ci stupiamo quando Pellegrino ci dice di aver fatto di concerto con Manzo, una dolorosa cernita degli argomenti da inserire nel libro: “trattare tutti i casi di mala gestione amministrativa, avrebbe richiesto almeno un intero tomo”.

Vogliamo sapere a questo punto di cosa parlerebbe se potesse aggiungere un altro capitolo.  Ci risponde: “Sicuramente avrei approfondito la vicenda di Bagnoli: Il Parco dello sport, il Turtle point e tutte le altre strutture realizzate per la riqualificazione dell’aerea. All’interno di uno dei fabbricati c’è persino un tunnel dove, attorno ai visitatori, dovevano nuotare i pesci, una miriade di strutture ultimate e chiuse a marcire. Io ci sono stato qualche tempo fa e ho fatto un video, l’area intorno è distrutta e si sta degradando ulteriormente. Sono stati spesi milioni, ci sono vasche nuove per massoterapia, piscine per ogni esigenza, tutto pronto da mesi e mesi. Ma ovviamente anche le cose nuove se lasciate a marcire, marciscono. Mi si è stretto il cuore a vedere tutte quelle strutture abbandonate, perché sono anche soldi nostri”.

Viene spontaneo chiedere a Ciro Pellegrino, se non sia a volte troppo avvilente essere testimone e divulgatore di tante cose mal riuscite e mal gestite a Napoli.

Mi risponde con un paragone forte quanto estremamente chiaro: “Lungi da me un atteggiamento  disperato e disfattista, però se devi parlare di certi aspetti di Napoli devi agire come un medico legale che disseziona un cadavere. Devi renderti conto che davanti a te, in alcuni casi, hai un corpo morto e puoi solo trarne degli elementi. Se ti fai prendere dallo sconforto e dalla vergogna per gli episodi che racconti, fai innanzitutto un cattivo servizio per te stesso.  Per quanto riguarda me e Giuseppe Manzo, credo solo che quanto potevamo fare per mettere in luce certe questioni, l’abbiamo fatto”.

Su questo non c’è dubbio e forse ognuno di noi, giornalista, casalinga, insegnante o altro che sia, dovrebbe imparare ad agire un po’ più da “medico legale” a Napoli, per trarre freddamente conclusioni sulle cause di morte di alcuni aspetti della nostra amata città.

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