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Cognome dei figli nati fuori dal matrimonio, la Corte Costituzionale si è espressa

di Anna Maria Verrengia

Il Tribunale di Bolzano, con ordinanza del 17 ottobre 2019, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 262, comma 1, c.c. che espressamente stabilisce “Il figlio [naturale] assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio [naturale] assume il cognome del padre”.

LA DISCIPLINA – Ad avviso del rimettente, questa disciplina si sarebbe posta in contrasto con l’art. 2 Cost., sotto il profilo della tutela dell’identità personale, con l’art. 3 Cost., sotto il profilo dell’uguaglianza tra donna e uomo e con l’art. 117, comma 1, Cost., in relazione all’art 14 CEDU in combinato disposto con l’art. 8 CEDU, ove l’art 14 afferisce al divieto di discriminazione e l’art 8 al diritto al rispetto della vita privata e familiare. Il caso preso in esame riguardava l’attribuzione del cognome materno ad un figlio nato fuori dal matrimonio ma riconosciuto da entrambi i genitori. In particolare il giudice ha  osservato che l’art 262 comma 1 cc prevede che l’acquisizione del cognome paterno alla nascita avvenga unicamente sulla base di una discriminazione fondata sul sesso dei genitori, anche in presenza di una diversa volontà comune degli stessi. Con ordinanza n. 18 del 2021  la Consulta ha disposto l’autorimessione delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 262, comma 1, c.c., nella parte in cui non consente ai genitori, di comune accordo, di trasmettere al figlio, al momento della nascita, anche il cognome materno, in riferimento agli artt. 2, 3 e 117, comma 1, Cost.

LA COSULTA SI ESPRIME – La Consulta ha statuito che l’attuale meccanismo “è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia” e di “una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna”. Tuttavia la Corte, pur affermando la necessità di ristabilire il principio della parità deigenitori, ha osservato che, qualora venisse accolta la prospettazione del Tribunale di Bolzano, in tutti i casi in cui manchi comunque l’accordo tra gli stessi dovrebbe essere ribadita la regola che impone l’acquisizione del solo cognome paterno, in attesa di un intervento legislativo a più ampio spettro finalizzato a rimuovere ogni profilo di disparità e discriminazione. L’incompatibilità con il valore fondamentale dell’uguaglianza, a ben vedere, permane, in quanto nella stragrande maggioranza dei casi un simile accordo di fatto manca. Il meccanismo consensuale di certo non pone rimedio alla disparità tra genitori. Bisognerebbe quindi fare coriandoli della disciplina previgente, improntata sull’automatica attribuzione del cognome paterno, e ricostruire l’intera materia così da renderla conforme all’evoluzione dei rapporti socio-individuali, contemporanea e al passo con i tempi.

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