Volevo essere una farfalla, “l’anoressia” raccontata da Michela Marzano
NAPOLI – “L’anoressia non è come il raffreddore. Non passa così, da sola. Ma non è nemmeno una battaglia che si vince. L’anoressia è un sintomo che porta allo scoperto quello che fa male dentro. La paura, il vuoto, l’abbandono, la violenza, la collera. E’ un modo per proteggersi da tutto ciò che sfugge al controllo. Anche se a forza di proteggersi, si rischia di morire”. Sono le raggelanti parole di chi ha saputo rimettersi in piedi e ricominciare a vivere, di chi ha attraversato un tunnel ed ha trovato la riconciliazione, di chi attraverso l’anoressia ha imparato a vivere. “Volevo essere una farfalla. Come l’anoressia mi ha insegnato a vivere” (Mondadori) è l’ultimo lavoro della filosofa e scrittrice Michela Marzano, colei che della “analisi della fragilità della condizione umana” ne ha fatto il proprio lavoro. Michela non si risparmia e non ci risparmia nulla in questo libro, mette a nudo l’inadeguatezza dell’anoressia, i sentimenti ed il dolore provato e raccontato come uno strumento salvifico. “In questo libro racconto la mia storia. Pensavo – scrive l’autrice – che non ne avrei mai parlato, ma col passare degli anni parlarne è diventata una necessità. Per mostrare chi sono e cosa penso”. Nonostante ciò,la Marzanoconfessa l’etichetta un po’violenta imposta all’anoressia, che non permette facilmente di parlarne, che non concede di identificare la propria sofferenza. La lingua francese è stata per l’autrice una vera e propria ancora di salvezza, un rinascita culminata con l’assegnazione della cattedra di filosofia morale all’Università Sorbona Paris-Descartes, dove è attualmente professore ordinario. “Perché, forse, senza quella sofferenza non sarei mai diventata la persona che sono oggi. Probabilmente non avrei capito che la filosofia è soprattutto un modo per raccontare la finitezza e la gioia. Gli ossimori e le contraddizioni. Il coraggio immenso che ci vuole per smettere di soffrire e la fragilità dell’amore che da senso alla vita…”.