Migranti portati in Albania: sospetti sul soccorso in acque italiane. Il PD: «Chiederemo i tracciati delle navi»
Una delegazione di parlamentari dell’opposizione italiana si è recata in Albania per verificare la situazione nei centri per migranti, dopo che 12 richiedenti asilo sono stati trasferiti nel Paese balcanico. I migranti ospitati nel centro di Gjader hanno denunciato che il loro soccorso sarebbe avvenuto in acque territoriali italiane, vicino a Lampedusa. Se confermato, questo solleverebbe dubbi sulla legalità del trasferimento in Albania, che potrebbe configurarsi come un respingimento non consentito dalle normative internazionali.
Le dichiarazioni dei migranti
Durante l’incontro con la delegazione, composta dai parlamentari Paolo Ciani (PD), Rachele Scarpa (PD) e Riccardo Magi (Più Europa), alcuni migranti hanno raccontato di essere stati soccorsi così vicino alle coste italiane da poter quasi raggiungere terra a nuoto. Uno dei sopravvissuti ha riferito: “Avrei potuto raggiungere la costa a nuoto”, una testimonianza che rafforza il sospetto che il salvataggio sia avvenuto nelle acque italiane. Tre su quattro delle persone ascoltate dai parlamentari hanno affermato che, al momento del soccorso, la terra era “molto vicina”. Queste testimonianze hanno spinto i parlamentari a dichiarare che, una volta tornati in Italia, chiederanno di verificare i tracciati dei soccorsi effettuati in quella notte per confermare la posizione esatta dell’intervento. “Se il respingimento fosse avvenuto in acque territoriali italiane, il trasferimento in Albania sarebbe a tutti gli effetti un respingimento illegale”, ha dichiarato l’onorevole Ciani.
I parlamentari hanno ascoltato storie di estrema sofferenza da parte dei migranti ospitati nel centro. Alcuni di loro hanno raccontato di essere stati detenuti e torturati in Libia per mesi. “Uno dei migranti ci ha mostrato un evidente segno sul naso causato da un colpo con un kalashnikov in Libia”, ha aggiunto Ciani. Un altro ha spiegato di essere stato rapito da un tassista e poi venduto, subendo la distruzione del suo passaporto. Molti dei richiedenti asilo hanno anche scoperto solo durante il viaggio che la loro destinazione sarebbe stata l’Albania, piuttosto che l’Italia. I dodici migranti, cinque egiziani e sette bangladesi, hanno già presentato richiesta d’asilo. Tuttavia, la loro permanenza in Albania potrebbe essere temporanea. Se il provvedimento di limitazione della libertà personale, attualmente in attesa di convalida da parte di un giudice a Roma, non sarà confermato, le persone dovranno essere riportate in Italia e le procedure di richiesta d’asilo continueranno lì.
Questa situazione pone interrogativi sulla fattibilità e regolarità dell’accordo tra Italia e Albania per il trasferimento dei migranti, specialmente alla luce delle denunce dei migranti e delle prime irregolarità emerse. In particolare, durante lo screening iniziale nel porto di Shengjin, due persone tra i 16 migranti trasferiti hanno dichiarato di essere minori, mentre altri due sono stati identificati come vulnerabili. I quattro sono stati successivamente riportati in Italia, con un aumento dei costi già elevati sostenuti per l’intera operazione. La vicenda ha sollevato nuovi dubbi sul progetto di esternalizzazione dei migranti verso l’Albania, presentato dal governo italiano come un “esperimento”. L’onorevole Ciani ha criticato duramnente questa strategia, affermando: “Non si fanno esperimeti sulla pelle delle persone, soprattutto quando si tratta di persone vulnerabili”. Il riferimento è alle parole del governo, che aveva presentato il progetto come una soluzione innovativa per gestire i flussi migratori. Tuttavia, l’inizio di questo “esperimento” sembra essersi rivelato problematico, con possibili violazioni delle norme internazionali e difficoltà operative evidenti.

