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Lucio Cremonese, intervista al regista

Il segreto del tressette (scene dal film)

NAPOLI (di Lucilla Nele) – Napoletano di nascita, londinese nello spirito. Lucio Cremonese (Napoli, 1973), una vita consacrata alla fotografia e al cinema.

Lucio sviluppa da bambino il suo interesse per la macchina fotografica, quando il padre, all’età di 6 anni, gliene dà una per scattare una foto di famiglia. Nel 1995 Studia Fine Art Photography alla Central Saint Martin’s di Londra e nel 2000 si laurea al London College of Communication con i cortometraggi “The Innocents’” e “Jamie and the Red Balloon”. Nel 2006 gli affetti familiari lo riportano a Napoli.

Lucio ha lavorato come direttore della fotografia, autore e regista, in numerosi cortometraggi, video musicali e lungometraggi tra questi “Zero”, presentato al Festival di Cannes, ed il “Segreto del Tresette”, vincitore di numerosi premi.

E’ proprio a Napoli che noi l’abbiamo incontrato per curiosare un po’ nel suo lavoro e nella sua vita.

 

-Lucio, perché hai lasciato Londra?

A novembre del 2006 mi trovavo a Londra, dove vivevo gia da piu` di 10 anni.

Come ogni domenica parlavo al telefono con la mia famiglia, non abbiamo mai mancato un appuntamento in tutto il tempo che sono stato li. Mio padre era solito chiudere le nostre conversazioni dicendomi sempre la stessa cosa. Lui lo faceva per incoraggiarmi, certamente, ma, da buon figlio indolente, dopo un po` mi infastidiva. Ad ogni modo cio` che mi diceva sempre era di guardare avanti e non voltarmi mai indietro. Ma, quella domenica, invece di chiudere la telefonata alla solita maniera, mi chiese quando ci saremmo visti… Insomma dopo un mese e mezzo mi ero trasferito di nuovo in Italia, a Napoli, per stare con lui. Sì, perche` avevo capito che lui sentiva di essere alla fine del suo percorso, ed io non volevo mancare.

 

 

-E come è stato il tuo rientro a Napoli?

Quando sono tornato, nel dicembre del 2006, ho trovato Napoli nel pieno del caos della spazzatura e soprattutto del problema della diossina e già sentivo in me la voglia di intervenire in qualche modo. Poi, un giorno, a gennaio, mentre camminavo per le strade del Vomero pensando a cosa potessi fare, ho visto una signora aprire la sua finestra e, come se niente fosse, scrollare le briciole dalla tovaglia, mentre sotto di lei giaceva una montagna di immondizia. E` stato allora che ho capito che la vera rivoluzione non e` prendere le armi e scendere in piazza, piuttosto sforzarsi di svolgere il proprio compito, nella migliore maniera possibile, a proteggere la cosa comune.

 

– Come vive un regista a Napoli?

Vivere a Napoli da regista e` molto difficile, ma affascinante al tempo stesso. Credo che questa contraddizione mi stia trattenendo qui a continuare e a persistere con la mia passione. Perche` e` di questo che stiamo parlando, di passione. Non credo che staremmo qui a discutere se non avessi avuto questo sentimento. E’ proprio la forza che c’e` dietro la tua passione che determina le tue priorita` e, quindi, la strada che percorri.

 

-Ma, il cinema italiano, esiste ancora?

Il cinema italiano fortunatamente resiste. Sono tempi duri, e sicuramente si produce di meno, ma il cinema italiano ha la dote innata, e la storia ce lo insegna, di riuscire sempre a reinventarsi. Sono molto fiducioso a riguardo.

 

-E’ nel cinema italiano che ritrovi i tuoi modelli ispiratori?

Il cinema italiano degli anni sessanta mi ha ispirato molto: Pasolini e soprattutto Antonioni, ma anche tanti altri come Petri, per esempio. Poi ho incontrato il cinema di John Cassavetes, che mi ha folgorato per la sua onesta` di ripresa. Il rapporto diretto tra il punto di vista autoriale (la posizione della camera) e la performance degli attori all’interno delle situazioni ricreate, mi hanno parlato della realta`, molto piu` di tanti bellissimi documentari. Devo ammettere che la fotografia di cui mi occupo cerca sempre come elemento portante la ricerca di questa verita`, la verita` della vita stessa, ma senza spettacolarizzazioni. In fondo credo che il cinema per quanto possa farci sognare, per la sua capacita` di oltrepassare ogni limite e limitazione, non raggiungera` mai la bellezza e il fascino della vita stessa. Un’ esperienza, vissuta sulla propria pelle, non e` assolutamente paragonabile a quella vissuta attraverso gli occhi e il corpo di qualcun altro. Il tentativo pero` di replicarla nella sua semplicita` e` gia` tanto. E` per me piu` importante, infatti, il viaggio che porta al film finito, non tanto il film in se. E questo e` cio` che cerco di fare.

 

-Qual è, fra i tuoi, il progetto a cui più vuoi bene?

Il progetto a cui voglio piu` bene ancora non e` arrivato. Sia chiaro, li adoro tutti, in particolare il primissimo film che girai nel 2001 in Puglia. Ero il dop (direttore della fotografia) ma anche coproduttore. Fu il primo film che girai in pellicola S16mm. Sicuramente voglio bene al mio corto. Ma, voglio ripetermi, voglio bene a tutti, perche` in tutti sono sempre stato mosso da un’emozione che mi ha spinto alla sfida, quando non è così rifiuto, com’e` giusto che sia.

-Allora parlaci dei tuoi prossimi progetti!

Al momento sto lavorando al mio primo lungometraggio. Sono circa due anni che lavoro a questa sceneggiatura che narra fatti di cronaca realmente accaduti a Napoli nel 2004. Proprio in questi giorni sto collaborando con un’ amica per la riscrittura. Sto, inoltre, lavorando a due corti. Il primo tratto da un racconto breve ‘292001’ di Stefano Maria Capocelli e Lucilla Nele, che ha vinto anche dei premi letterari. L’altro l’ho appena approcciato e non ha ancora un titolo. Poi sto cominciando anche un altro progetto di lungo. Credo che il primo film che girero` sara` proprio il corto tratto da ‘292001’, anche perche` la sceneggiatura e` pronta. Serve solo una produzione.

-Se ti chiedessi di identificarti con una città, quale sarebbe?

Dopo Napoli, dove sono nato e cresciuto, e Londra, dove ho vissuto e mi sono formato, mi vedo a New York. E` l’unica citta` che ho visto che mi fa sentire a casa mia. Tutto qui.


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