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Luca De Filippo riscatta la grande magìa

ROMA  – Luca De Filippo da molti anni e’ impegnato nella rivisitazione critica delle commedie del suo grande padre Eduardo. Ha messo in scena quasi tutti i capolavori, da ‘Non ti pago!” a ‘Napoli milionaria!”, ”Filumena Marturano”, ”Questi fantasmi!”. Ma ora si cimenta con un’opera che non e’ mai stata ne un successo, ne’ un testo perfetto, come gli altri. Da regista e protagonista presenta con notevole successo (in questi giorni al Quirino di Roma) ”La grande magia”, che nella drammaturgia eduardiana ha avuto una sorte poco felice: scritta alla fine degli anni Quaranta, ando’ in scena nel 1950 e ne vennero al suo autore piu’ amarezze che soddisfazioni. Poco amata dal pubblico, criticata duramente dai recensori, che vi videro quasi un’imitazione di Pirandello, venne tolta dalle locandine dopo pochi giorni, Eduardo non la riprese piu’ in teatro, ma ne curo’ una edizione televisiva nel 1964. Poi un oblio fino all’applauditissima messa in scena di Gorgio Strehler, nel 1985, pochi mesi dopo la scomparsa del drammaturgo napoletano.

Luca De Filippo
Luca De Filippo
Eduardo De Filippo

E da allora un’attesa per nuove conferme o giudizi durata fino ad oggi, con uno spettacolo molto curato e molto intelligente, che almeno in parte riscatta il pregiudizio negativo, grazie anche ad una compagnia ricca, che comprende oltre a Luca (nei panni del mago Marvuglia), Carolina Rosi (Zaira, sua moglie) e Massimo De Matteo (Massimo Di Spelta , la ”vittima” della ”magia”). Ma cosa racconta quest’opera forse imperfetta, ma di notevole fascino? Al centro c’e’ la figura di un furbo illusionista, che si esibisce sulla terrazza di un hotel a mare. Per guadagnare qualche extra si mette d’accordo con un play boy, che vuole passare una mezz’ora con la sua amante sposata. Ma l’accordo salta: il giovanotto e la bella signora non tornano nei tempi stabiliti e il Mago deve inventarsi una balla clamorosa: consegna al marito tradito una scatola lucente, assicurandolo che sua moglie e li dentro; ma che potra’ riaverla solo se avra’ piena fiducia in lei.

Passano i minuti, le ore, i giorni, gli anni e il pover’uomo scende la scala sofferta dal dubbio e dell’illusione: vorrebbe aprire la scatola, ma non ne ha il coraggio. Vive cosi’ in una condizione precaria e dolorosa: quale la verita’? Nessuno aiuta il pover’uomo, che forse e’ ancora li, prigioniero dell’invenzione teatrale di Eduardo, che diceva: ”La vita e’ un gioco e questo gioco ha bisogno di essere sorretto dalla illusione, la quale a sua volta deve essere alimentata dalla fede. Ogni destino e’ legato agli altri destini umani in un gran gioco eterno, del quale non ci e’ consentito scorgere se non particolari irrilevanti…”.

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