Ricordando Lucio Dalla
NAPOLI (di Anna Barbato) – 4 marzo 1943. A Bologna nasce Lucio Dalla. Settantadue anni dopo, mentre la sua casa viene aperta al pubblico per tre giorni e diventa un museo, al cinema proiettano “Senza Lucio”, il documentario sulla sua vita, diretto da Mario Sesti.
Un susseguirsi di racconti, curiosità e aneddoti che svelano aspetti meno noti della sua esistenza: in primis, quelli di Marco Alemanno, suo ultimo compagno negli ultimi dieci anni di vita del cantautore, ma anche di tanti altri, legati a lui da rapporti di lunga amicizia e confidenza, come l’attrice Piera Degli Esposti, Mimmo Paladino, Toni Servillo (che racconta che ogni volta che alla radio, in auto, ascoltava “Anna bell’Anna”, si divertiva a telefonargli e a cantargliela) o, ancora, Paolo Taviani, che nel 1967 lo diresse col fratello Vittorio nel film “I sovversivi”, facendogli quasi vincere un Leone d’oro a Venezia. E poi i numerosi progetti che l’artista avrebbe voluto realizzare, come un musical su Michelangelo da presentare all’Expo di Milano e, dopo Morandi e De Gregori, anche un concerto in coppia con Franco Battiato.
E poi la descrizione del suo bellissimo legame con una madre bella e indipendente, che faceva la modista (tra le sue clienti, la madre di Renzo Arbore) e che era stata la prima persona a intravedere in lui un talento singolare, e il mistero circa la vera identità di suo padre, alimentato dal testo della canzone “4 marzo 1943”.
A fare da sfondo alle parole di chi lo aveva conosciuto, immagini bellissime, dai tramonti senza fiato delle isole Tremiti al paesaggio lunare dell’Etna, dalla terrazza “davanti al golfo di Sorrento” della canzone “Caruso” a Manfredonia, cittadina in cui il piccolo Lucio, a sette anni, era andato in vacanza con la madre e da allora era nato il suo amore smodato per la Puglia. Un uomo nato a Bologna, ma che amava molto il Sud e che amava dire che “l’Italia è da Roma in giù”.
Ottantasei minuti intensi, ricchi di emozioni, dall’inizio alla fine, in cui viene fuori il ritratto di un uomo che, per la straordinaria voglia di vivere e di mettersi continuamente in gioco e di sorprendere, in primo luogo se stesso e che, seppure dotato di poteri magici che lo portavano ad indovinare cose sulla vita di persone a lui del tutto sconosciute, tuttavia tra i tanti doni che possedeva, gli è purtroppo mancato quello dell’immortalità.