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Cronaca

Ponticelli, prevista la costruzione di un nuovo inceneritore

NAPOLI – Sono passati due anni da quell’eclatante straripare di rifiuti per le strade del capoluogo della Campania, al secolo emergenza rifiuti, con la risoluzione della quale il governo Berlusconi si era atteggiato e aveva posto uno dei capisaldi delle sue buone azioni per poi autoproclamarsi il “governo del fare”. In effetti tale emergenza era stata risolta nascondendo solo la polvere sotto lo zerbino, ed ecco in fatti in questi giorni discutere nelle varie giunte e consigli sull’apertura di un nuovo inceneritore nella periferia partenopea, a Ponticelli. Certo è che bruciare la “munnezza”, invece di prevedere dei piani di differenziazione e riciclo dei rifiuti solidi urbani, risulta essere la via più comoda e sotto certi aspetti la più efficace.

Manifestazione di protesta contro l'apertura di un nuovo inceneritore a Ponticelli (foto di Andrea Baldo) ©2010 RIPRODUZIONE RISERVATA

Il termovalorizzatore, sinonimo alquanto eufemistico e fuorviante in riferimento alla parola inceneritore, per poter funzionare a regime deve comunque prevedere una differenziazione della spazzatura. Non è pensabile bruciare maniacalmente e in maniera del tutto scellerata qualunque cosa; l’inceneritore brucia carta e plastica.
Sembra che il governo ignori, o voglia fare finta di ignorare, le potenzialità della raccolta differenziata: basti pensare al caso di quelle industrie che utilizzano come materia prima le plastiche e che potrebbero trarre beneficio proprio da tale cernita. Il processo di differenziazione porta lavoro, ingegneri supervisori delle catene produttive, manodopera nemmeno troppo specializzata.
La costruzione degli inceneritori è favorita dalla delibera cip6. Tale delibera prevede che il produttore di energia elettrica, ottenuta tramite fonti rinnovabili o assimilate, ha il diritto di rivenderla al gestore dei servizi energetici ad un prezzo superiore a quello di mercato. Questo incentivo, tuttavia, è finanziato attraverso un sovrapprezzo del 7% sul costo dell’energia elettrica addebitandolo direttamente all’utilizzatore finale. In Italia l’ottenimento di energia elettrica dalla combustione di munnezza è considerata come ottenuta da fonti rinnovabili. Da qui il fortissimo interesse da parte delle aziende a spingere nella costruzione e gestione di termovalorizzatori. In effetti, l’interpretazione della spazzatura intesa come fonte rinnovabile, è una violazione delle norme europee che considerano fonte rinnovabile solo la combustione della parte organica. La Commissione Europea è intervenuta in tale questione, il 20 ottobre 2003, pronunciandosi in questo modo:

« La Commissione conferma che […] la frazione non biodegradabile dei rifiuti non può essere considerata fonte di energia rinnovabile.La direttiva intende principalmente promuovere un maggiore uso di fonti energetiche rinnovabili nella produzione di elettricità ma non istituisce un regime di sostegno finanziario al riguardo. […]Le disposizioni nazionali che prevedono aiuti non differenziati (riguardanti quindi anche la frazione non biodegradabile) per l’incenerimento dei rifiuti devono dimostrare che sono compatibili con il principio della prevenzione della produzione di rifiuti e che non costituiscono un ostacolo al reimpiego e al riciclaggio dei rifiuti stessi. »

La controversia ancora non si è conclusa.

Ricapitolando: le aziende motivate da forti interessi reddituali spingono per gli inceneritori. Il CIP6 che dovrebbe favorire lo sviluppo di energia elettrica ottenuta da risorse alternative, come il fotovoltaico, è totalmente ignorato, danneggiando il progresso tecnologico e le risorse umane che potrebbero essere impiegate nella ricerca. Il processo di riciclo dei rifiuti, che fornirebbe posti di lavoro e materie prime a molte industrie, funziona a scartamento ridotto. Intanto le percentuali sulla situazione della spazzatura in campania parlano chiaro: le discariche volute per mano del governo sono ormai sature, si sversano circa 300mila tonnellate all’anno. Come se non bastasse il tasso di differenziazione si è ridotto dal 23% al 18% solo a Napoli. Siamo sull’orlo di una nuova emergenza rifiuti – se proprio volessimo considerare risolta quella precedente – e gli interessi dei privati speculatori sono troppo grandi, facendogli assumere delle caratteristiche che ricordano il buon Nerone.

©2010 RIPRODUZIONE RISERVATA

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