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Economia

Parte la caccia ai furbi: attacco in 5 mosse

MILANO (di Giovanni Stringa)  – Ci sono le manette per i maxievasori, così come l’allargamento del redditometro personale a yacht e automobili dell’impresa ma concessi in godimento a soci e familiari, tra le principali tappe della lotta ai furbetti del Fisco promessa ieri dal governo con un emendamento alla manovra. Ecco una sintesi dei punti più importanti, così come sono stati annunciati ieri, naturalmente passibili di modifiche durante l’iter politico e parlamentare.

Il carcere
Iniziamo dal carcere per gli evasori di grossa taglia: chi sarà condannato per aver schivato il pagamento di imposte per oltre tre milioni andrà in carcere senza poter beneficiare della sospensione condizionale della pena.
La stretta antievasione prevede l’abbassamento delle soglie oltre le quali scattano le pene per i reati fiscali. Ad esempio, in caso di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è abolita la pena ridotta (reclusione da sei mesi a due anni) per importi inferiori a 300 milioni di lire. E nel caso di dichiarazione fraudolenta con altri artifici, la sanzione scatta da 30 mila euro e non più dai 150 milioni delle vecchie lire come successo fino ad oggi.
I termini di prescrizione per i reati fiscali vengono poi elevati di un terzo. Previsto anche un incentivo per imprese e professionisti con ricavi inferiori a 5 milioni di euro a utilizzare strumenti di pagamento diversi dal contante: la tracciabilità dei movimenti garantirà il dimezzamento di eventuali sanzioni amministrative in materia fiscale.
Un’altra misura prevede che i Comuni possano pubblicare sui propri siti i dati delle dichiarazioni dei redditi dei cittadini. E i consigli tributari potranno contare sui dati a disposizione dell’Agenzia delle Entrate.
I Comuni incasseranno poi tutte le somme di quanto recuperato con la lotta all’evasione fiscale (rispetto all’attuale 50%), nell’ambito della loro partecipazione all’accertamento tributario.

Le società di comodo 
La manovra vuole intervenire anche sulle cosiddette società di comodo, con una maggiorazione dell’Ires del 10,5%: l’imposta sul reddito aziendale passerà dall’attuale 27,5% al 38%. L’imponibile sarà calcolato in base ad alcuni parametri e non alle risultanze delle imprese. Inoltre queste società, se presentano dichiarazioni in perdita fiscale per tre anni consecutivi, sono considerate «non operative» a decorrere dal quarto anno. Stessa situazione anche quando dichiarano perdite per due anni, e per l’altro anno un reddito inferiore ai parametri già stabiliti dalla legge vigente.
Arrivano poi norme più stringenti per i casi di concessione in godimento di beni dell’impresa a soci e familiari. L’Agenzia delle Entrate – si legge nell’emendamento – «controllerà sistematicamente la posizione delle persone fisiche che hanno utilizzato i beni concessi in godimento ai fini della ricostruzione sintetica del reddito». Come yacht e auto di lusso.
E se nella dichiarazione dei redditi dovrà essere indicata la banca presso la quale si ha, per esempio, aperto un conto corrente (ma non solo), il testo dell’emendamento prevede che l’obbligo di precisare gli estremi dei rapporti con gli operatori finanziari vale non solo a proposito di banche ma anche di Poste, intermediari finanziari, imprese di investimento, organismi di investimento collettivo del risparmio, società di gestione del risparmio e ogni altro operatore finanziario. Queste informazioni potranno essere utilizzate dall’Agenzia delle Entrate, dopo una consultazione con le associazioni di categoria degli operatori finanziari, per l’elaborazione di liste selettive di contribuenti da sottoporre a controllo.

I saldi
L’inasprimento del sistema sanzionatorio penale-tributario porterà un «maggior gettito stimabile in circa 300 milioni di euro per il 2012 e a decorrere dal 2013 in circa 400 milioni di euro» per un totale dunque di 1,1 miliardi di euro nel triennio: lo si legge nella relazione tecnica all’emendamento fiscale alla manovra presentato ieri in commissione Bilancio. La parola, ora, al Parlamento. (Corriere della Sera)

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