Notizie dall'Italia e dal mondo

Primo Piano

Guerra Israele-Iran, giorno 8: missile su Beer Sheva. Teheran: «Nessun negoziato finché ci attaccano»

Prosegue senza tregua il conflitto tra Israele e Iran, giunto oggi all’ottavo giorno. La tensione nel Medio Oriente ha raggiunto un nuovo picco con l’ennesimo attacco missilistico su territorio israeliano e un massiccio bombardamento notturno da parte di Israele su obiettivi sensibili in Iran, incluso il sito nucleare di Arak. Mentre la diplomazia europea tenta una mediazione a Ginevra, il rischio di un’escalation regionale e globale si fa sempre più concreto.

Nel corso della notte, un missile balistico lanciato dall’Iran ha colpito la città di Beer Sheva, nel sud di Israele. Il razzo è esploso in un parcheggio adiacente ad alcuni complessi residenziali, distruggendo appartamenti, automobili e balconi. Sette persone sono rimaste ferite. La stazione ferroviaria di Beer Sheva Nord è stata chiusa per danni. L’attacco conferma la capacità iraniana di colpire in profondità il territorio israeliano, nonostante la difesa antimissilistica Iron Dome sia ancora operativa. La risposta di Israele è stata immediata e su vasta scala. Oltre 60 velivoli dell’aeronautica israeliana hanno colpito durante la notte diversi obiettivi strategici a Teheran e nella provincia di Markazi. Tra questi, il centro di ricerca nucleare di Arak (Khandab), secondo quanto confermato dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Gli attacchi hanno danneggiato infrastrutture chiave del reattore ad acqua pesante, comprese le unità di raffinazione. L’Aiea ha lanciato l’allarme: le operazioni militari intorno a impianti nucleari possono avere conseguenze disastrose. Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, in viaggio verso Ginevra per un vertice con i ministri degli Esteri di Germania, Francia e Regno Unito e con l’Alto rappresentante dell’UE, ha chiarito la posizione di Teheran: “Nessun negoziato è possibile mentre gli attacchi israeliani continuano”. La linea dura iraniana chiude, per ora, ogni spiraglio a una mediazione USA o europea, mentre l’inviato americano è ancora in standby a Bruxelles.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha convocato per oggi il Consiglio per la sicurezza nazionale. “Deciderò se intervenire entro due settimane”, ha dichiarato ieri. Una posizione attendista che però suscita tensioni interne ed esterne, con il Cremlino che ha avvertito: “L’uso di armi nucleari tattiche sarebbe una catastrofe”. Il portavoce Dmitry Peskov ha aggiunto che un cambio di regime a Teheran è “inaccettabile e aprirebbe il vaso di Pandora”. Dal fronte nord, cresce la preoccupazione per un possibile coinvolgimento di Hezbollah. Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha lanciato un avvertimento al leader del gruppo sciita libanese Naim Qassem: “Se ci sarà terrorismo, non ci sarà più Hezbollah”. Katz ha ricordato la sorte del predecessore Hassan Nasrallah, ucciso lo scorso settembre da un raid israeliano. Le minacce reciproche fanno temere un allargamento del conflitto anche al Libano.

Secondo fonti iraniane, un drone israeliano sarebbe stato abbattuto a Kahrizak, a sud di Teheran. Inoltre, è stato smentito il presunto decesso di Ali Shamkhani, consigliere chiave della Guida Suprema Khamenei. “Sono vivo e pronto a sacrificarmi”, ha dichiarato alla stampa iraniana, in un messaggio dal tono simbolico che punta a rafforzare la resistenza interna.

Intanto, cresce la preoccupazione per le ripercussioni economiche a livello globale. Il rischio di un’impennata nei prezzi di petrolio e gas è concreto, e in Italia si prevede un effetto immediato su carburanti e bollette. Secondo un’analisi del Crisis Group, i raid israeliani potrebbero persino spingere Teheran ad accelerare un eventuale programma atomico, invertendo anni di contenimento.

Mentre il conflitto prosegue senza apparente soluzione, la comunità internazionale osserva con crescente allarme. La giornata di oggi, con i colloqui a Ginevra e la riunione del Consiglio USA, potrebbe rivelarsi decisiva. Oppure segnare solo un’altra tappa in un’escalation che minaccia la stabilità dell’intero Medio Oriente.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.