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Estate, attenzione a cibo e bevande

MILANO – Con l’arrivo del caldo e dell’estate aumenta il rischio di tossinfezioni alimentari. I dati più recenti ci dicono che nel 2011 sono stati riportati 5648 focolai di tossinfezione alimentare, rispetto i 5276 del 2010. L’Italia è il secondo stato, tra quelli analizzati, con maggior numero di focolai segnalati (908 casi)  segnalati (dati EFSA, European Food Safety Authority).

CiboSi tratta di sindromi causate dall’ingestione di cibi contaminati da sostanze tossiche o microorganismi patogeni, in quantità sufficienti da provocare un’infezione. Sono note nel mondo più di 250 tossinfezioni alimentari, che si manifestano con differenti sintomi (nausea, vomito, diarrea, febbre, reazioni cutanee, calo di peso, disidratazioni) e sono causate da diversi agenti patogeni, per lo più batteri, virus e parassiti.

Vista l’incidenza del fenomeno, gli esperti dell’Osservatorio Nutrizionale Grana Padano hanno stilato un decalogo di consigli importanti per prevenire questo tipo d’infezioni. Sono state analizzate le abitudini alimentari estive degli italiani ed è emerso quali siano i cibi più consumati nella stagione: formaggi freschi e gelati ed in generale i piatti freddi, veloci da preparare e che non richiedono cottura, come carpacci di carne e pesce crudo.

“I cibi cotti sono più sicuri – spiega la Dott.ssa Michela Barichella, Direttore della struttura di dietetica e nutrizione clinica presso gli Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano, nonché membro del Comitato Scientifico dell’Osservatorio Nutrizionale Grana Padano – perché la maggior parte dei microrganismi e delle tossine non resiste a temperature superiori ai 60-70 gradi; grande importanza rivestono le condizioni in cui i cibi sono mantenuti durante le varie fasi di conservazione: la catena del freddo, ad esempio, previene lo sviluppo e la moltiplicazione di alcuni microrganismi, che per essere tossici necessitano di una popolazione molto numerosa”.

Secondo l’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC), nel 2010 le principali fonti di epidemie sono state causate da uova e ovo-prodotti, responsabili di 150 episodi, pesci e derivati (10,1%). Il numero di epidemie causate da alimenti di origine vegetale nel 2011 (37 epidemie) è diminuito rispetto il 2010 (61 epidemie). I casi di Salmonella nell’uomo sono diminuiti, mentre sono aumentati quelli di Escherichia Coli (un batterio comune nell’intestino dell’uomo e degli animali). I ceppi di Escherichia Coli conosciuti con l’acronimo VTEC (Verocytotoxin E. Coli) hanno assunto la capacità di elaborare tossine molto potenti, definite Verocitotossine, responsabili di focolai tossinfettivi prevalentemente legati al consumo di carne poco cotta, latte crudo e formaggi a latte crudo.

Nei bovini, nelle pecore e nelle capre i VTEC possono essere presenti a livello intestinale, senza che l’animale presenti sintomi di malattia. Durante la mungitura o durante la macellazione, si possono contaminare sia le carni, sia il latte. Per questo motivo l’assunzione di latte crudo, di carni crude o poco cotte, soprattutto se macinate (ad esempio hamburger poco cotti o tartare di carne cruda) può provocare infezione nel consumatore.

“La situazione è aggravata dall’elevata capacità infettante: occorrono, cioè, pochi microrganismi (anche solo un centinaio) per causare infezione nell’uomo – spiega ancora la Dott.ssa Barichella – Un’altra via di trasmissione è rappresentata dal contatto diretto con le feci degli animali portatori; ad esempio consumando vegetali che non siano stati accuratamente lavati o che siano stati contaminati da volatili, come le mosche. Nell’uomo i sintomi dell’infezione da VTEC possono variare notevolmente: da una diarrea non complicata alla colite emorragica, con emissione di feci ricche di sangue e forti dolori addominali. La forma più severa è però rappresentata da una grave compromissione renale che porta all’instaurarsi della sindrome emolitico-uremica (SEU) che nei casi più seri può esitare in insufficienza renale cronica, con necessità di trattamento dialitico o trapianto d’organo”.

Il cibo inoltre può essere contaminato anche da parte degli operatori che lo preparano durante la fase di manipolazione degli alimenti, sia per contatto con le mani sia con gli strumenti della cucina. Ne sono esempi l’infezione dovuta al  batterio Shigella, al virus dell’epatite A e diversi parassiti. In altri casi invece, la malattia non deriva dall’ingestione diretta di agenti patogeni, ma piuttosto dall’ingestione di cibo contaminato da una tossina di origine microbica, che agisce anche in assenza del microrganismo produttore. È questo il caso del batterio Staphylococcus Aureus.

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