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Terremoto, notte in auto per molti residenti: «Abbiamo paura»

Un’altra notte di paura per gli abitanti dell’area flegrea dopo la forte scossa di terremoto di magnitudo 4.4 registrata nella notte del 13 marzo. Il sisma, avvertito distintamente in tutta l’area di Napoli e nei comuni limitrofi come Bacoli, Quarto e Monte di Procida, ha spinto molte persone a lasciare le proprie abitazioni per cercare riparo all’aperto o nelle auto.

La scena è ormai familiare per chi vive a Pozzuoli e dintorni: auto parcheggiate nei campetti da basket del lungomare, famiglie che cercano conforto l’una nell’altra e una sensazione crescente di insicurezza. “Si è mosso tutto, è caduto tutto”, racconta una donna di 65 anni, che ha deciso di non dormire in casa per paura di nuove scosse. I volontari della Protezione Civile cercano di prestare aiuto come possono, ma il disagio resta evidente. Molti residenti preferiscono non rilasciare dichiarazioni, rassegnati a una situazione che si trascina ormai da tempo. “A che serve parlare ormai?”, ripetono in molti, esasperati dall’ennesima notte insonne. Chi deve lavorare il giorno dopo cerca comunque di riposare alla meglio in auto, mentre il maltempo peggiora ulteriormente la situazione.

L’area dei Campi Flegrei è da tempo soggetta al fenomeno del bradisismo, un sollevamento e abbassamento periodico del suolo che rende la situazione ancora più incerta. “Dove abitiamo noi, i palazzi hanno quasi 100 anni. Se non sono 100, sono 80”, racconta un residente. “Dormiamo in macchina, poi si va a lavoro e poi si vede”. Il terremoto di magnitudo 4.4 è stato seguito da altre due scosse minori, rispettivamente di magnitudo 1.6 e 1.1, registrate a distanza di pochi minuti l’una dall’altra. Dopo la forte scossa dello scorso maggio, questa è tra le più intense percepite nell’area flegrea.

Di fronte a questa ennesima emergenza, cresce la richiesta di misure di sicurezza più efficaci e di un piano chiaro per affrontare il rischio sismico nella zona. Molti cittadini si sentono abbandonati e chiedono un supporto più concreto dalle istituzioni. “Non vogliamo essere sfollati, io amo casa mia. Ma così non si può stare più”, spiega un altro residente.

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