Siria, la polizia apre il fuoco anche sui partecipanti a un funerale

BEIRUT – Non cessa la protesta in Siria. Questa mattina all’alba le forze di sicurezza hanno disperso un sit-in a Latakia, il principale porto del Paese, 330 chilometri a nord-ovest di Damasco, sparando pallottole vere sui manifestanti. A riferirlo sono testimoni oculari citati dai siti di monitoraggio Rassd e NowSyria che trasmettono anche su Twitter. I manifestanti si erano radunati nel quartiere sunnita di Sleibeh e stavano invocando riforme democratiche quando sono stati attaccati. Nel pomeriggio le forze dell’ordine hanno aperto il fuoco sulla folla che si era radunata vicino alla moschea di Omari a Daraa, la città del sud diventata l’epicentro delle proteste contro il presidente Bashar al-Assad: si era da poco concluso il funerale di massa di diversi manifestanti uccisi ieri, quando, secondo due testimoni, gli agenti hanno cominciato a prendere a bersaglio un gruppo che intonava canti e slogan contro il regime.
Ieri le proteste seguite in varie città alle preghiere del venerdì festivo islamico erano state soffocate da una violenta repressione. Il bilancio delle vittime si è aggravato ulteriormente: sono 37 le persone uccise, tutte civili, dalle forze di sicurezza, 27 delle quali solo a Daraa. In un comunicato l’osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) afferma che la polizia e bande di lealisti hanno ucciso 30 persone a Daraa, tre a Homs a nord di Damasco, quattro a Harasta e Duma, due sobborghi della capitale.
“A Daraa sono morte 17 persone, e altre dieci sono state uccise nelle località vicine – ha detto invece un medico dell’ospedale civile della città – Abbiamo la lista dei nomi delle vittime e sono tutti civili, residenti”.
Secondo Ammar Qourabi, presidente dell’organizzazione nazionale dei diritti dell’uomo, “manifestazioni pacifiche per la libertà si sono svolte in varie regioni, in particolare a Daraa. Ma le autorità siriane le hanno represse utilizzando gas lacrimogeni e sparando sui civili disarmati, uccidendo e ferendo decine di persone”, ha denunciato dal Cairo. E’ stato Qourabi a fornire la lista delle vittime e ha affermato che le autorità “hanno impedito il trasporto dei feriti nell’ospedale principale della città”.
Damasco accusa “gruppi armati”. ll ministero dell’Interno di Damasco continua a accusare “gruppi armati” 4 di aver agito come provocatori e aver sparato contro i manifestanti. “Non permetteremo azioni di sabotaggio che minaccino l’unità nazionale e destabilizzino le fondamenta della politica siriana”, si legge nel comunicato ufficiale diffuso dall’agenzia Sana, e che parla di “cospiratori spinti da forze straniere che rifiutano le riforme” avviate dal presidente Bashar al-Assad. “Questa gente si è infiltrata tra i manifestanti per seminare discordia tra cittadini e forze di sicurezza – dice ancora -. Ha dato fuoco alle istituzioni pubbliche, ha attaccato i soldati e gli agenti di sicurezza che invece hanno evitato di sparare. Questo ha causato un gran numero di morti e feriti tra i militari”. Ieri, sempre tramite l’agenzia Sana, Damasco aveva diffuso un comunicato in cui affermava che 19 agenti erano stati uccisi da “uomini armati” negli scontri di Daraa. Ma la versione degli attivisti e dei testimoni è diversa e parla di una trentina di morti tra i manifestanti.
Indagati ex governatore e capo polizia. La tv di Stato siriana ha affermato oggi che l’ex governatore Faysal Kalthum e Atef Najib, responsabile della Sicurezza politica (Amn Siyasi), una delle quattro agenzie di controllo e repressione del regime siriano, sono stati inseriti nel registro degli indagati dalla speciale commissione incaricata dal presidente Bashar al Assad di far luce su quanto avvenuto a Daraa.
Rimossa direttrice quotidiano. Nel frattempo il ministero siriano dell’Informazione ha disposto il licenziamento di Samira Masalmeh, direttrice del quotidiano ufficiale siriano ‘Teshreen’, che ieri ha preso prosizioni critiche nei confronti del governo in seguito alla repressione delle proteste a Daraa. Il provvedimento nei confronti della Masalmeh, prima donna a guidare una testata ufficiale in Siria, è stato preso questa mattina, dopo che ieri sera ha concesso un’intervista all’emittente satellitare al-Jazeera.
La condanna di Obama e della Ue. La repressione è stata duramente condannata dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama. “Condanno fermamente le violenze atroci commesse oggi e nelle ultime settimane da parte del governo siriano contro dimostranti pacifici. Condanno anche ogni ricorso alla violenza dei manifestanti”, ha dichiarato il capo della Casa Bianca in un comunicato ufficiale. “Chiedo alle autorità siriane di astenersi da ogni ulteriore violenza contro manifestanti pacifici – ha proseguito – Inoltre devono finire gli arresti arbitrari, la detenzione e la tortura di prigionieri di cui si è avuta notizia in alcuni rapporti, e deve essere consentita la libera circolazione delle informazioni, in modo che vi possa essere una verifica indipendente di quanto avvenuto sul terreno”. Un appello a cessare le violenze è arrivato anche dall’Alto rappresentante della politica estera della Ue: la richiesta – dichiara Catherine Ashton in una nota – è rivolta “nei modi più fermi”.
L’appello del web. Dopo le proteste e la dura repressione messa in atto dalle forze di sicurezza in tutto il Paese, su Twitter e nei gruppi creati su Facebook, gli attivisti oggi hanno pubblicato l’appello a scendere in piazza ogni giorno fino alla caduta del regime. Finora, le proteste esplose a metà marzo si sono concentrate in particolare nel venerdì, dopo la preghiera islamica. (Repubblica)