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Revenge porn e Facebook: misure preventive nella lotta di contrasto al fenomeno

di Anna Maria Verrengia

Una delle principali novità contenute nel c.d. Codice Rosso (legge 19 luglio 2019, n. 69) è rappresentata dalla introduzione, nel codice penale, del delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti.
Questa fattispecie è finalizzata a contrastare il fenomeno c.d. di revenge porn, che tradotto letteralmente significa “vendetta porno” o “vendetta pornografica” e che consiste nella diffusione senza autorizzazione di foto e video hard realizzate con il consenso dell’interessato e con l’intenzione di creare allo stesso un danno o un disagio psico-fisico, andando così a ledere la privacy, la reputazione e la dignità della vittima. Tale forma di violenza è certamente conseguenza dello sviluppo tecnologico. Se questo ha comportato, da un lato, indiscutibili vantaggi in termini di semplificazione e rapidità nel reperimento e nello scambio di informazioni fra utenti della rete Internet, dall’altro, ha provocato un enorme incremento del numero e delle tipologie di dati personali trasmessi e scambiati, nonché dei pericoli connessi al loro illecito utilizzo da parte di terzi non autorizzati. Vieppiù, l’uso diffuso di social – pensiamo per esempio a Facebook, Instagram, Snapchat – ha contribuito ad influenzare il panorama della violenza, anche se virtuale, consumata online.

L’ANALISI
Per comprendere l’inesorabile diffusione di questo delitto appare utile procedere ad una analisi empirica dei dati raccolti dal Servizio Analisi Crimine. Il Servizio Analisi Criminale, incardinato all’interno della Direzione Centrale della Polizia Criminale, rappresenta un polo per il coordinamento informativo anticrimine e per l’analisi strategica interforze sui fenomeni criminali. Per queste finalità, il Servizio elabora studi e ricerche sulle tecniche di analisi, sviluppa progetti, utilizza gli archivi elettronici di polizia e li pone in correlazione con altre banche dati. Promuove, altresì, specifiche iniziative di approfondimento, cura l’analisi dei dati statistici di polizia criminale, si pone in correlazione con enti di ricerca nazionali, europei ed internazionali. Secondo i dati diffusi in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, nel periodo che va dal 9 agosto 2019 a 8 agosto 2020 vi sono stati ben 718 casi di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti. Dalla medesima analisi appare oltremodo evidente come le Regioni ove sono stati commessi il maggior numero di reati del cd. “revenge porn”, nel periodo di riferimento, siano la Lombardia (141), la Sicilia (82) e la Campania (74), mentre la Basilicata (5) e la Valle d’Aosta (1) fanno registrare i valori più bassi.

LE CARENZE DELL’APPARATO SANZIONATORIO
Sebbene l’intero apparato sanzionatorio relativo al trattamento illecito dei dati personali risulti carente, sono stati compiuti notevoli passi in avanti al fine di garantire una concreta e fattiva tutela delle vittime. Uno di questi risale allo scorso 5 marzo. Difatti, a partire da tale data, l’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali ha avviato una collaborazione con il leader mondiale dei social network Facebook (e Instagram), al fine di contrastare il diffuso fenomeno di Revenge Porn. Precisamente l’Autorità Garante ha ritenuto necessario intervenire mediante la creazione di un canale di emergenza a tutto vantaggio delle potenziali vittime – cioè quelle che temono possano verificarsi casi di divulgazione di immagini che le ritraggono – e finalizzato a bloccarne la diffusione. Il canale è attivo sulla piattaforma dell’Autorità al link www.gpdp.it/revengeporn tramite cui le persone maggiorenni potranno segnalare condotte potenzialmente dannose, nonché caricare le immagini – ritenute lesive della privacy, la reputazione e la dignità – sul programma, così da permettere a Facebook di distruggerle prima della loro riconoscibilità e di impedirne così la diffusione da parte di terzi malintenzionati. Lo strumento adottato dall’Autorità di concerto con Facebook è quindi uno strumento di carattere preventivo che consentirà alle persone che temono che le loro foto o i loro video intimi possano essere diffusi senza il loro consenso su Facebook o Instagram di segnalare questo rischio e ottenere che le immagini vengano bloccate.
La nuova misura introdotta è dunque espressione della crescente sensibilità dimostrata sul tema e della consapevolezza che fenomeni di questo tipo sono destinati a crescere come conseguenza del progressivo sviluppo delle comunicazioni elettroniche. Difatti questa stessa tecnologia che avvicina tutti e tutte, espone anche al rischio che la sfera più intima e privata di ciascuno venga violata e resa pubblica.

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