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Cronaca

Non c’è infedeltà se la coppia è sempre stata “aperta”

Napoli – (di Italo Faruolo) – La Corte di Cassazione con la sentenza n. 9074 del 20.04.2011 è ritornata su due importatnti aspetti che si dibattono nelle aule dei Tribunali quando un matrimonio finisce . Il primo riguarda l’infedeltà e a tal proposito la Suprema Corte ha statuito che se le infedeltà coniugali sono incrociate e tollerate vicendevolmente da molti anni diventa difficile farne il motivo di addebito della separazione. Tant’è che i Giudici hanno respinto il ricorso di un marito che chiedeva l’annullamento dell’obbligo di corrispondere l’assegno mensile alla moglie, motivando la richiesta in base al fatto che la separazione sarebbe avvenuta a causa delle infedeltà della donna.

In primo grado il tribunale di Milano aveva dato ragione al marito, ritenendo provata l’infedeltà, ed aveva interrotto la corresponsione dell’assegno mensile corrisposto in via provvisoria. In Appello però la Corte, accogliendo parzialmente l’impugnazione della moglie, ha escluso che si potesse imputarle la separazione in quanto dal quadro probatorio emergeva “un regime coniugale improntato a reciproca autonomia e libertà sentimentale” e ciò “escludeva ogni nesso causale tra l’infedeltà della moglie e la compromissione del vincolo coniugale”. Concludendo che “la separazione non potesse essere addebitata a nessuno dei due coniugi” e che dunque alla signora poteva essere riattribuito l’assegno di mantenimento.

La Corte di Cassazione, I sezione Civile, ha condiviso le motivazioni argomentando che “la reiterata inosservanza da parte di entrambi dell’obbligo di reciproca fedeltà, pur se ricorrente, non costituiva circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione in capo all’uno o all’altro o ad entrambi, essendo sopravvenuta in un contesto di disgregazione della comunione spirituale e materiale tra coniugi, ed in particolare in una emersa situazione già stabilizzata di reciproca sostanziale autonomia di vita (i coniugi alloggiavano in piani diversi della loro casa ed avevano abitudini, stili di vita, interessi e svaghi non coincidenti), non caratterizzata da affectio coniugalis”.

Il secondo aspetto riguarda l’assegno di mantenimento. La moglie nel caso di specie era priva di reddito. Sposandosi aveva visto notevolmente cambiata la sua vita. Il marito risultava proprietaria di ben immobili in zone prestigiose di Milano; titolare di molteplici conti correnti e numerose società imprenditoriali, collezioni d’arte e d’armi. Sin dal giorno del matrimonio aveva dato alla moglie la possibilità vivere in un appartamento di  500 metri quadrati, arredato lussuosamente, nonché di fruire di altra villa prestigiosa, di avere una coppia di domestici fissi, di fare vacanze lussuose, di usare autovetture di lusso e di disporre di scuderie di cavalli.  La Corte pertanto ribadisce il principio che in sede di separazione l’assegno di mantenimento deve essere  determinato in misura tale da consentirle un tenore di vita adeguato a quello avuto con il marito e pertanto conferma il lauto assegno di mantenimento di 12.000 euro mensili.

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