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Monogami si nasce o si diventa?

NAPOLI (di Ivano Sarno) – Chissà che non avesse ragione Bertrand Morane, il fascinoso e irresistibile ingegnere protagonista del film di Truffaut “L’uomo che amava le donne” aka “L’homme qui aimait les femmes” del 1977, nell’inseguire “un’impossibile felicità nella quantità, nella moltitudine”.

La moltitudine a cui si riferiva, doveva necessariamente avere qualcosa a che fare con il titolo abbastanza eloquente, per certi versi tautologico, della vita filmica di cui è protagonista: un uomo che ama le donne, e che le ama tutte possibilmente.

C’è da dire, però, che Bertrand non stava con nessuna di tutte le donne nello specifico ed il suo atteggiamento era così trasparente da farne una sorta di “ufficiale-gentiluomo”.
Lo stesso non può dirsi dei tanti tra noi che non si prendono affatto la briga di assumersi le proprie responsabilità, accettando le estreme conseguenze del proprio stile di vita alternativo alla morale vigente. Che si tratti allora di un’ennesima esperienza dell’adattamento umano all’ambiente, stavolta sociale, per non soccombere al giudizio ipocrita dei propri simili? Siamo quindi solo retoricamente monogami?

Quando ci si riferisce a due sposini in viaggio di nozze li si chiama piccioncini, un epiteto affatto casuale: due individui che racchiuderebbero tutta la loro vita nell’interstizio fra i loro becchi sempre intenti a tubare, spulciandosi e schiacciandosi reciprocamente i punti neri sulle spiagge del mondo intero, escludendo qualsiasi altro tipo di relazionalità dalla loro quotidianità poiché meno prioritaria rispetto alla loro intimissima dimensione, fatta spesso di limoni spaventosi in mezzo a folle disgustate.
I piccioni, tra l’altro, sono i più monogami, oltreché romantici, tra gli animali: il corteggiamento del maschio può durare settimane, l’unione per sempre. Diversa invece è la storia del leone marino maschio, l’animale più fedifrago in assoluto.

Gli etologi spiegano che c’è un nesso tra il dimorfismo sessuale tra i generi e l’attitudine al tradimento. Diversamente da quanto accade per i piccioni infatti, alcuni esemplari di leoni marini maschi arrivano ad essere tre volte più grandi delle femmine. Quando questo è il caso, possono avere un vero e proprio harem, composto da centinaia di femmine. Spero tuttavia che anche le femmine se la spassino con altri maschi in una logica simile a quella degli insiemi delle scuole medie che si intersecano gli uni con gli altri; altrimenti più che di esemplare maschio-alfa dovremmo parlare di patriarca dei leoni marini.

Che tu sia piccione o leone marino dunque, non rinnegare te stesso ma riservati il lusso di un bagliore di coerenza, ben cosciente che una parità di condizione tra te ed il tuo partner vi farà giungere alla scelta più equilibrata e consapevole. E non sto parlando di ingrassare entrambi allo stesso modo così da avere la stessa mole, non funziona così tra gli esseri umani, piuttosto rifiutare quell’insana soddisfazione di cercare a tutti i costi di soggiogare l’altro per poi spassarsela a più non posso.

Ritornando seri ma non troppo, se da un lato la riduzione a schemi semplici di un pensiero complesso val bene per l’immaginario di un bambino, affinché possa affacciarsi alla realtà delle cose in modo più sereno; dall’altro resto convinto che i bambini, sin da molto piccoli, andrebbero educati alla “complessità” ed alle peculiarità dell’esistenza: e anche se ha fatto più proseliti Walt Disney con la storia del vissero per sempre felici e contenti che le lezioni di catechismo della parrocchia, non dobbiamo sottovalutare il “peso specifico” di entrambi i trendsetter in questione, passatemi la semplificazione.

PoligamiSono convinto, infatti, che questa tensione inesorabile e a senso unico verso un romanticismo senza macchia e senza paura, abbia prodotto e tuttora produca (sempre produrrà, nei secoli dei secoli amen) generazioni di frustrati che finiranno per rincorrere a vita un ideale che arretra al solo avvertire la loro ombra avvicinarsi alla meta.
Il problema è che nessuno ha mai spiegato a quei bambini che non è colpa loro se quell’idealità non esiste e non è nemmeno un grave crimine che non faccia parte della loro vita anche perché, una volta toccata con mano, non saprebbero cosa farsene.

La vita e i sentimenti che essa comporta, non sono obbligatoriamente uguali per tutti e ciascuno intimamente può scoprire quali modalità più si confanno alle proprie necessità, restando sempre fedeli a se stessi piuttosto che, ad esempio, a un disegno sterile ed anacronistico stabilito secoli fa da qualcun’altro. Una cosa sullo stile dei 7 sacramenti o cose così, dove a un certo punto o ti fai prete/suora o ti sposi… ma nel loro elenco si sono scordati di inserire il sacramento del non so che fare e vado ad aprire un chiringuito in Messico, tanto per dirne una, oppure vado a svernare alle Canarie, tanto per dirne un’altra.

Quando parlava di moltitudine, molto probabilmente Bertrand non stava parlando della ressa che potevi trovare a un concerto del rocker Johnny Hallyday tanto in voga all’epoca in Francia; piuttosto aveva forse avuto un momento di reale curiosità antropologica, nel chiedersi se non fosse tristemente vero che è proprio il fatto che, sin dai primi momenti della nostra vita, siamo letteralmente bombardati da un esempio di relazionalità per sua stessa natura ingombrante, che monogami culturalmente nasciamo e di riflesso ci diventiamo, almeno in superficie.

Che prevalga poi il coraggio di affermare le proprie visioni assumendosene la responsabilità piena o la spietata avidità di consensi (pubblici e privati) nel malcelare la propria vera propensione, c’è da dire che nella stragrande maggioranza dei casi vale la legge, sempre partorita dal nostro amico ingegnere, che (spesso o sempre, dipende dal vostro livello di romanticismo interiorizzato) “abbiamo bisogno di cercare in tante persone ciò che la nostra educazione pretende di farci trovare in una sola” e mentre per alcuni questo continuerà a costituire un grave vizio di forma, per altri è e sarà sempre un’infinita ed eccitante risorsa dell’essere umani.

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