Migranti in rivolta nel campo umanitario di Agadez: “I bambini muoiono, vogliamo un futuro”
Nel cuore del deserto del Niger, nel campo umanitario di Agadez, oltre 1.500 migranti lottano per sopravvivere in condizioni disumane. Il campo, finanziato dall’Italia e dall’Unione Europea, ospita uomini, donne e bambini provenienti da Sudan, Repubblica Centrafricana, Camerun, Etiopia ed Eritrea, molti dei quali sopravvissuti a detenzioni in Libia o deportazioni nel deserto del Sahara. “Viviamo dentro baracche in mezzo al deserto, esposti a venti molto forti, polvere e sabbia durante tutto l’anno,” racconta K.H., un rifugiato sudanese. “I bambini muoiono e io soffro di problemi respiratori a causa delle condizioni. Non possiamo tornare indietro, ma vivere qui è impossibile.” Il 40% dei rifugiati nel campo ha meno di 18 anni. Senza accesso a cure mediche adeguate, istruzione o diritti fondamentali, i bambini perdono la loro infanzia. Le donne, intanto, lottano per mantenere le famiglie in un contesto privo di sicurezza e supporto.
Dal novembre 2023, i migranti protestano pacificamente contro la gestione del campo e il mancato rispetto dei loro diritti. Ogni giorno si radunano davanti alla sede dell’UNHCR, chiedendo condizioni di vita dignitose e una prospettiva per il futuro. Una lettera indirizzata all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati descrive la situazione come “dolore e sofferenza protratti da anni.” “Siamo fuggiti dai nostri Paesi per cercare sicurezza, ma siamo ancora intrappolati. Viviamo in un limbo senza speranza,” si legge nel messaggio scritto dai rifugiati.
La Commission Nationale d’Eligibilité (CNE), l’ente nigeriano incaricato di gestire la documentazione per i rifugiati, è accusata di intimidire i manifestanti. Questa pressione si somma alle difficoltà di un sistema che sembra abbandonare i rifugiati in un deserto di indifferenza. La situazione nel campo di Agadez mette in luce le contraddizioni della politica migratoria europea. I fondi stanziati per “gestire” la migrazione si traducono in condizioni di vita che violano i diritti umani. Le proteste dei rifugiati sono un grido disperato per ottenere attenzione e aiuto.
Dal novembre 2023, i migranti protestano pacificamente contro la gestione del campo e il mancato rispetto dei loro diritti. Ogni giorno si radunano davanti alla sede dell’UNHCR, chiedendo condizioni di vita dignitose e una prospettiva per il futuro. Una lettera indirizzata all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati descrive la situazione come “dolore e sofferenza protratti da anni.” “Siamo fuggiti dai nostri Paesi per cercare sicurezza, ma siamo ancora intrappolati. Viviamo in un limbo senza speranza,” si legge nel messaggio scritto dai rifugiati.
La Commission Nationale d’Eligibilité (CNE), l’ente nigeriano incaricato di gestire la documentazione per i rifugiati, è accusata di intimidire i manifestanti. Questa pressione si somma alle difficoltà di un sistema che sembra abbandonare i rifugiati in un deserto di indifferenza. La situazione nel campo di Agadez mette in luce le contraddizioni della politica migratoria europea. I fondi stanziati per “gestire” la migrazione si traducono in condizioni di vita che violano i diritti umani. Le proteste dei rifugiati sono un grido disperato per ottenere attenzione e aiuto.