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Cronaca

“Maestri di strada”, sarà modello nazionale

NAPOLI (di Attilio Iannuzzo – Il Mattino) – Non solo un corso di formazione, ma un vero e proprio percorso educativo quello messo in campo dai “maestri di strada”. Metis, metodologie educative territoriali per l’inclusione sociale, rappresenta un nuovo modo di rapportarsi agli studenti con metodi sperimentali ed innovativi.

“L’insegnamento vero è quello che si articola fuori dalle pareti della classe – dice il presidente dell’associazione maestri di strada Cesare Moreno – lì dove si percepiscono le attitudini dei ragazzi, le loro capacità,  ma anche le loro esigenze di apprendimento; bisogna togliere i ragazzi dalla strada, ma andare anche in quelle strade ad insegnare”. Alcune università hanno voluto sostenere il progetto, diventando partner di Metis. A Napoli il Suor Orsola Benincasa e la facoltà di Psicologia entrano nel progetto, ma in tutta Italia ci sono strutture universitarie che hanno partecipato alla pianificazione educativa. I formatori sperimentano questo metodo di insegnamento da quasi quindici anni, mettendo al centro del percorso la persona, le relazioni, le emozioni, tutto ciò che trasforma lo studente medio anonimo in una persona speciale.

Cesare Moreno, presidente dell'associazione maestri di strada
Cesare Moreno, presidente dell’associazione maestri di strada

“La migliore educazione – continua Moreno – è quella che si trova nei peggiori quartieri di una città, ed in tanti anni che facciamo questo mestiere, abbiamo imparato anche noi qualcosa, percependo sempre di più le esigenze di questi ragazzi”. L’obiettivo è quello di affrontare la tematica dei bisogni educativi mettendo in primo piano la propria esperienza, le proprie riflessioni e stimolando il confronto anche con altri educatori. I formatori, i docenti si organizzano in piccoli gruppi, in associazioni, ma anche da soli cercando di sviluppare al meglio la missione umana dell’insegnare. Una forma di protesta, insomma, nei confronti delle vecchie logiche di potere. “Bisogna portare a livelli più alti il bene comune – sottolinea Moreno – e potremo iniziare a parlare di educazione solo se un’intera comunità se ne occupa; c’è troppa distrazione sulle potenzialità dei giovani e c’è consapevolezza che la scuola buona è quella che rifonda la città ogni giorno. La nostra – conclude Moreno – è una società abituata a trasformare risorse in problemi, noi facciamo l’esatto contrario”.

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