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Editoriali

L’informazione a servizio dei diritti umani

NAPOLI (di Daniela Sasso) – Siamo a pochi giorni dal clamore – rigorosamente post-mortem – suscitato dalla violenta uccisione dell’ attivista per i diritti umani dell’ International Solidarity Movement, il pacifista 36enne Vittorio “Utopia” Arrigoni, nativo di Besana Brianza, in Lombardia. Il suo soprannome – “Utopia”, per l’ appunto  – derivava proprio dal suo spingersi, mettendo a repentaglio la sua stessa vita, nelle zone di guerra, “al limite”, nei territori assediati di Gaza, da dove, da tre anni, attraverso Il Manifesto, i social network e il suo seguitissimo blog “Guerrilla Radio”, era in contatto col resto del mondo, informandolo di quanto quotidianamente avvenisse in quelle terre assediate dagli Israeliani, tra minacce di morte ed impegno attivo, dedito alla difesa della causa palestinese.

A pochi giorni di distanza da questo brutale assassinio, messo in atto dalle avverse Autorità israeliane, i nostri mass-media riferiscono di un avvenimento accaduto a Brescia, che vede per protagonista una 19enne pakistana da alcuni giorni assente dalla scuola che frequentava. Un professore, preoccupato per la sua sorte, decide di inviare una lettera ai giornali e alla Questura: la bellezza della ragazza attira su di sé gli sguardi dei compagni. La famiglia di lei, rispettosa dell’ Islam, non gradendo siffatte attenzioni, avrebbe, forse, deciso di segregare Jamila (nome fittizio) nella sua abitazione, per poi farla rimpatriare in Pakistan e farla convolare a giuste nozze – prestabilite – con un suo connazionale.

Nonostante la ragazza, seppur sempre accompagnata dalla madre o da uno dei fratelli, assediata dai fotografi, abbia fatto ritorno a scuola, smentendo queste voci su di sé e sui suoi familiari, per associazione – o, forse, facile pretesto – si è subito iniziato a ricordare all’ opinione pubblica dei terribili episodi, verificatisi nel nostro Paese, in questi ultimi anni, ai danni di giovani donne di religione musulmana – Saana Dafani ed Hina Saleem, entrambe uccise dalle loro famiglie perché volevano condurre una vita troppo “all’ Occidentale”, non rispettando la tradizione islamica.

Indubbiamente, queste donne sono state brutalmente uccise, così come – e di frequente – si consumano omicidi tra le mura domestiche anche nei confronti di giovani donne italiane, occidentali; tuttavia, resta, forse, un dubbio, una perplessità sulle modalità e, soprattutto, sui tempi in cui si è deciso di riportare alla nostra mente storie di questo tipo, in un momento in cui l’ eco dell’ omicidio dell’ attivista in difesa dei diritti umani dei Palestinesi, “Vik da Gaza City”, è proprio nel pieno del suo fragore. Se non ci è concesso il diritto alla verità, alla univocità dell’ informazione, che almeno ognuno di noi, raccogliendo quante più notizie possibili, si ritagli il dovere di un minuto di riflessione personale su questa faccenda – e non solo. Arrigoni è stato il terzo militante dell’ International Solidarity Movement ad essere ucciso a Gaza, dopo Rachel Corrie e Tom Hurndale, morti nel 2003.

 

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