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Cronaca

È reato inserire su una chat pubblica il cellulare di soggetti terzi

Napoli – (di Italo Faruolo) – È reato inserire su una chat-line pubblica il numero di cellulare di soggetti terzi. É questo quanto sostenuto  dalla sentenza n. 21839 depositata l’1 giugno 2011 con cui i giudici di Piazza Cavour hanno stabilito che tale comportamento integra il reato trattamento illecito di dati di cui all’art. 167 della legge 196/2003 (cd. “codice della privacy”). La vicenda nasce nel corso di un colloquio virtuale su una chat line ove l’imputato che chiameremo A , utilizzando un nickname,  si inseriva in un canale chat privato gestito da B., intrattenendo con lo stesso una conversazione virtuale poi degenerata (seguita, in particolare, da una telefonata di insulti rivolti da A al B) e diffondendo sulla chat pubblica il numero dell’utenza cellulare del B., del quale era venuto in possesso durante quel colloquio.  La prima questione prospettata dalla difesa, relativa al limitato raggio di azione dell’art. 167 della Legge 196/03, è stata respinta:  il difensore ha cercato di dimostrare come il contenuto della norma incriminatrice non abbia portata erga omnes, in quanto la legge sulla privacy indica come  “il titolare” deputato ad assumere decisioni in ordine alle finalità, modalità del trattamento dei dati e agli strumenti attuativi, espressamente “la persona fisica, la persona giuridica, la pubblica amministrazione e qualsiasi altro ente, associazione od organismo preposto” al detto compito: tale definizione, secondo la tesi difensiva, consentiva  di escludere dal novero dei destinatari della norma punitiva , il privato cittadino che, occasionalmente, sia venuto in possesso di un dato c.d. “sensibile” appartenente ad altro soggetto, dandogli diffusione indebita.   Di contro , i giudici della terza sezione penale hanno spiegato che l’assoggettamento alla norma in tema di divieto di diffusione di dati sensibili riguarda tutti indistintamente i soggetti entrati in possesso di dati, i quali saranno tenuti a rispettare sacralmente la privacy di altri soggetti con i primi entrati in contatto, al fine di assicurare un corretto trattamento di quei dati senza arbitrii o pericolose intrusioni. Né la punibilità può dirsi esclusa se il soggetto detentore del dato abbia ciò acquisito in via casuale, in quanto la norma non punisce di certo il recepimento del dato, quanto la sua indebita diffusione. Ne consegue che la diffusione in ambito generalizzato di un numero di utenza cellulare, per sua intrinseca natura riservato è certamente produttiva di danno: elemento, quest’ultimo, preso in considerazione dal legislatore che lo ricollega all’elemento soggettivo del reato inteso quale dolo.

Quanto poi al concetto del danno del quale la condotta denunciata sarebbe – ad avviso della difesa  – priva, si tratta secondo i Giudici, di una opinione nient’affatto condivisibile. Invero la diffusione in ambito generalizzato di un numero di utenza cellulare ( per sua intrinseca natura, riservato, tanto è vero che solitamente negli elenchi telefonici pubblici distribuiti dalla TIM – ma anche in altri elenchi in possesso di soggetti che li tengono a disposizione dei terzi figura solo il numero telefonico pubblicabile e mai quello di un’utenza cellulare a meno che il suo titolare non vi abbia consentito)  – è certamente produttiva di danno.

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