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Economia

Campania, in una famiglia su cinque non c’è un reddito da lavoro

NAPOLI – Il quadro è fosco. Se non si interviene subito, la Campania rischia di diventare (ancora di più) un cimitero industriale, una regione senza lavoro. La fotografia scattata da Bankitalia è questa: pil (il prodotto interno lordo, la ricchezza della regione) che diminuisce dello 0,6%, il tasso di occupazione che scende sotto il 40%, investimenti nel settore industriale che continuano a diminuire.

E, a dimostrazione che negli ultimi anni non eravamo affatto alle prese con una regione che si muoveva, ma con un territorio che arrancava fortemente e perdeva colpi, c’è un’altra cifra che spaventa: negli ultimi dieci anni, il pil regionale è diminuito 5 volte. A prezzi costanti, fanno sapere gli esperti, si è verificata una perdita costante. Così mentre nel 2007 il pil era di 81 miliardi di euro, nel 2008 si è passati a 78 miliardi, nel 2009 erano 74,6 miliardi ed è diminuito ancora nello scorso anno fermandosi a 74miliardi.

A pagare di più sono, come al solito, i lavoratori e i giovani in cerca di occupazione. In Campania, fanno sapere, ci sono 2,1 milioni di famiglie. Considerando solo quelle dove ci sono persone in età da lavoro, in regione ci sono 415mila famiglie nelle quali nemmeno un componente ha un lavoro. Queste famiglie costituiscono il 27%. I dati della Banca d’Italia confermano anche che tra i giovani di età compresa tea i 15 e i 34 anni ben 620mila persone non studiano nè lavorano. Le ombre investono anche il settore industriale, da un confronto tra i, biennio 1995-1997 e 2005-2007 (e cioè prima della crisi), il report ha registrato un calo negli investimenti del 17%, a fronte, invece, di un +11% delle altre regioni.

Non è tutto nero, esistono anche punti di forza. Va forte la Campania nel settore dell’export. Salerno, ad esempio, è la prima tra le province italiane le esportazione di frutta e ortaggi; Napoli terza per la pasta e pezzi di aeromobili. A detta degli esperti, la Campania dovrebbe puntare di più sul turismo. «Se in Campania si pensasse a uno sviluppo simile a quello del Lazio, Lombardia o Veneto – ha sottolineato Giovanni Iuzzolino, divisione analisi e ricerca della Banca d’Italia – si avrebbe un aumento del Pil del 3%». «I dati della Campania appaiono negativi nel confronto con il sistema italiano – ha concluso Giuseppe Boccuzzi, direttore della sede di Napoli della Banca d’Italia – la ripresa dell’economia campana è ancora più lenta rispetto al resto del sistema». (Corriere del mezzogiorno)

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