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Cronaca

Blackout Aruba: ore di panico per il web italiano, ora chi paga?

AREZZO (di Livio Pizzi) – Già dalle prime ore della mattina molti siti erano irreperibili e il presentimento che era successo qualcosa di “grosso” si faceva sempre via via certezza, una gran parte della rete era stata oscurata. Il tutto poteva far pensare ad un attacco hacker ma il mostro che ha mandato in tilt migliaia di siti e bloccato la posta elettronica, causando un blackout record per la rete italiana, era stato il surriscaldamento di un gruppo di continuità elettrica che ha generato un principio di incendio. E’ accaduto nella server farm di Aruba primo provider di servizi internet in Italia. Tutto è cominciato la scorsa notte, quando i vigili del fuoco sono intervenuti nella sede aretina di Aruba, in via delle Biole. E il risveglio per molte aziende e siti d’informazione locale è stato da incubo. Impossibile aggiornare i siti, impossibile usare la posta elettronica.

Tutto fermo, tutto bloccato e la notizia del guasto è corsa sulla parte della rete non gestita da Aruba. E’ stata la stessa azienda, comunicando attraverso Twitter, a informare i clienti di ciò che stava accadendo. Un principio d’incendio ha coinvolto la zona delle UPS (Gruppi di continuità) , “ma le sale dati non hanno subito danni. E’ stato attivato l’energit power off togliendo energia alla struttura. I tecnici stanno tutt’ora lavorando per ripristinare la situazione”. Il blackout ha però risparmiato i siti dei principali mass media e così i ‘naviganti’ hanno potuto assistere al royal wedding di William e Kate sfruttando quella parte di rete che non è ‘gestita’ da Aruba, con contatti da primati. Poi, lentamente, ma in modo costante e progressivo, i tecnici di Aruba hanno ripristinato la funzionalità del server e prima due delle tre sale dati hanno ripreso a funzionare, poi – intorno alle 16 – tutto ha ripreso a funzionare. E l’annuncio è stato dato dalla stessa Aruba, sempre attraverso Twitter.

Avevano lavorato per tre ore i vigili del fuoco di Arezzo per spegnere le fiamme che erano divampate nella ‘server farm’. E per 12 ore hanno lavorato i tecnici dell’azienda per ridare normalità a buona parte della rete. Quello di oggi per Aruba non è il primo incidente di questo tipo. Un fermo di minore rilevanza era avvenuto il 6 ottobre del 2010 a causa di un errore umano. Per spiegare quanta parte del mondo internet è rimasto coinvolto nell’ incidente basta elencare alcuni numeri di Aruba, azienda fondata nel 1994 col nome Technet.it e al primo posto non solo in Italia, ma anche nella Repubblica Ceca e nella Repubblica Slovacca per numero di siti in hosting e di domini registrati. Complessivamente ha 1.650.000 domini registrati e mantenuti, 1.250.000 siti attivi in hosting, 5.000.000 caselle e-mail gestite, oltre 10 mila server gestiti, circa 3000 metri quadri di data center. Utenti e aziende infuriate per il disagio subito e il Codacons sta studiando “la possibilità di intentare una class action in favore dei clienti di Aruba. Si tratta di un danno economico enorme, soprattutto per chi lavora con la posta elettronica e per chi gestisce la propria attività attraverso il web”.

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