“Rabi’ a”, un viaggio fotografico verso la libertà
NAPOLI (di Cristina Cipriani) – Dal 15 ottobre al 13 novembre 2011, la Casa della Fotografia al Museo di Villa Pignatelli ospita una nuova mostra, «Rabi’a». Dopo il buon esito delle tre mostre precedenti su Federico Garolla, Ugo Mulas e Riccardo Carbone, questa volta la Soprintendenza Speciale per il Patrimonio storico, artistico, etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Napoli e Incontri Internazionali d’Arte decidono di accettare la proposta di Stefano Fittipaldi, curatore della mostra insieme a Chiara Oggioni Tiepolo, di allestire una rassegna fotografica sui recenti moti rivoluzionari del Nord Africa, dalla “Rivolta dei Gelsomini” alle proteste di piazza Tahrir, dalla guerra in Libia alle storie di profughi al confine e durante il loro viaggio.
A raccontare tutto ciò sono le immagini scattate da cinque giovani fotoreporter napoletani, Giuseppe Carotenuto, Eduardo Castaldo, Pietro Masturzo, Giulio Piscitelli e Roberto Salomone, che come ha spiegato Chiara Oggioni Tiepolo, «hanno proposto cinque storie diverse, eppure strettamente legate dal filo narrativo degli avvenimenti recenti in un mondo tanto distante quanto vicino al nostro».
È questa la sensazione che si percepisce visitando la mostra, sembra che ogni singolo scatto sia il paragrafo o il capitolo di un libro che non ha ancora trovato una fine, in quanto la guerra in Libia non può dirsi terminata e uomini, donne e bambini disperati continuano ad emigrare con la speranza di trovare la felicità.
Seguendo un ordine cronologico, una parte delle 100 fotografie sono esposte sulle mura bianche del museo e raccolte nel catalogo della mostra, edito dalla Minerva Edizioni – Bologna.
I curatori della mostra insieme agli autori delle fotografie hanno voluto focalizzare l’attenzione più che sulle manifestazioni politico-sociali, sull’espressione di un volto che può sembrare anonimo, ma che invece rappresenta il simbolo della “Primavera araba”, momento di rinascita, di rivoluzione e di ribellione di un popolo tremendamente oppresso.
Fotografie che denunciano una condizione di miseria e sofferenza, che non era più possibile sopportare e che doveva essere combattuta con la speranza di costruire con le proprie forze un futuro migliore nella propria terra d’origine.
I primi scatti che incontriamo nella mostra sono di Giuseppe Carotenuto, che insieme alla giornalista Imma Vitali, arrivano a Tunisi dopo le prime proteste di piazza. Qui trovano un mondo completamente stravolto, in cui riecheggiavano parole scritte sui muri, come “Addio tristezza, benvenuta libertà”. Percorrendo i corridoi del museo, come se sfogliassimo un libro, arriviamo al capitolo di Eduardo Castaldo, che si trovava in Piazza Tahir nel Cairo, quando anche gli egiziani decidono di riprendersi la dignità di essere umano e prima di tutto la propria libertà.
In questo mondo si può nascere privi di libertà e anche la popolazione libica per ottenerla segue l’esempio rivoluzionario della Tunisia e dell’Egitto.
La ribellione al dittatore Gheddafi è raccontata da Pietro Mastruzo, che con le sue fotografie dimostra quanto possa essere diversa la rivolta libica rispetto a quelle tunisine ed egiziane, tanto che nonostante la destituzione del dittatore e la conquista di Tripoli, non si è ancora giunti ad una conclusione diplomatica.
Tutto ciò provoca grandi ondate migratorie dalla Libia alle coste più vicine, come quelle di Lampedusa, dove, dopo un lungo e difficile viaggio, giungono milioni di clandestini, che Giulio Piscitelli cattura percorrendo momenti di preparazione alla partenza, di riflessione, di paura, di nostalgia e infine l’arrivo travagliato sulle coste siciliane.
L’ultima tappa di questo viaggio fotografico è raccontata da Roberto Salomone, che anch’egli immortala i volti di chi nella notte decide di abbandonare la propria terra e famiglia per continuare a credere e a sperare in una vita libera da qualunque oppressione.