Selfie sulle tombe dei boss mafiosi: «Una moda aberrante da combattere con forza»
Negli ultimi tempi, si è diffusa sui social una moda inquietante e profondamente offensiva: quella di recarsi sulle tombe di noti boss mafiosi, come Totò Riina, per scattare selfie e postarli online. Questo fenomeno, segnalato con preoccupazione dal deputato di Alleanza Verdi Sinistra, Francesco Emilio Borrelli, rappresenta un chiaro esempio di come la cultura criminale possa permeare alcuni settori della società, alimentando la glorificazione di figure che hanno devastato il nostro Paese con violenza e terrore.
Borrelli non ha esitato a definire “aberrante” il semplice pensiero di omaggiare con un selfie la tomba di un mafioso, ricordando che Riina è stato uno dei protagonisti della stagione delle stragi che ha insanguinato l’Italia, causando la morte di numerose vittime innocenti. “Non si tratta di semplice ignoranza,” ha dichiarato il deputato, “ma di una cultura criminale radicata profondamente negli animi di alcune persone, che molto spesso sono contigue se non organiche ai clan.” Il deputato sottolinea l’urgenza di combattere questa mentalità, se davvero si vuole mettere fine al passaggio di testimone delle attività criminali da padre in figlio. A tal proposito, Borrelli ha presentato una proposta di legge che prevede la detenzione fino a tre anni per chi esalta pubblicamente le gesta dei mafiosi, glorifica la criminalità organizzata, denigra coloro che lottano contro di essa, o organizza manifestazioni come gli “inchini” di fronte alle case dei boss durante le processioni religiose. Tra le misure proposte, c’è anche il divieto di accesso alle tombe dei boss mafiosi, riservato esclusivamente ai parenti. Borrelli si augura una convergenza totale dei partiti su questa proposta di legge, dentro e fuori dal Parlamento, per affermare una nuova cultura che rispetti la memoria delle vittime innocenti delle mafie e della criminalità. Ha inoltre evidenziato un dato allarmante: in Italia, le celebrazioni in memoria dei criminali sono dieci volte più frequenti rispetto a quelle dedicate alle vittime, un rapporto che definisce “inaccettabile”.
“Se vogliamo sconfiggere le mafie,” ha concluso il deputato, “dobbiamo iniziare dallo scardinare le connivenze e le cortine fumogene che coinvolgono anche la società civile, sottraendo linfa vitale alla rigenerazione dei clan.” Le parole di Borrelli sono un richiamo potente all’urgenza di un cambiamento culturale che passi attraverso il rispetto delle vittime e la condanna, senza mezzi termini, di chi celebra la criminalità organizzata. Solo così si potrà sperare di interrompere il ciclo di violenza che continua a minacciare il futuro del nostro Paese.
Borrelli non ha esitato a definire “aberrante” il semplice pensiero di omaggiare con un selfie la tomba di un mafioso, ricordando che Riina è stato uno dei protagonisti della stagione delle stragi che ha insanguinato l’Italia, causando la morte di numerose vittime innocenti. “Non si tratta di semplice ignoranza,” ha dichiarato il deputato, “ma di una cultura criminale radicata profondamente negli animi di alcune persone, che molto spesso sono contigue se non organiche ai clan.” Il deputato sottolinea l’urgenza di combattere questa mentalità, se davvero si vuole mettere fine al passaggio di testimone delle attività criminali da padre in figlio. A tal proposito, Borrelli ha presentato una proposta di legge che prevede la detenzione fino a tre anni per chi esalta pubblicamente le gesta dei mafiosi, glorifica la criminalità organizzata, denigra coloro che lottano contro di essa, o organizza manifestazioni come gli “inchini” di fronte alle case dei boss durante le processioni religiose. Tra le misure proposte, c’è anche il divieto di accesso alle tombe dei boss mafiosi, riservato esclusivamente ai parenti. Borrelli si augura una convergenza totale dei partiti su questa proposta di legge, dentro e fuori dal Parlamento, per affermare una nuova cultura che rispetti la memoria delle vittime innocenti delle mafie e della criminalità. Ha inoltre evidenziato un dato allarmante: in Italia, le celebrazioni in memoria dei criminali sono dieci volte più frequenti rispetto a quelle dedicate alle vittime, un rapporto che definisce “inaccettabile”.
“Se vogliamo sconfiggere le mafie,” ha concluso il deputato, “dobbiamo iniziare dallo scardinare le connivenze e le cortine fumogene che coinvolgono anche la società civile, sottraendo linfa vitale alla rigenerazione dei clan.” Le parole di Borrelli sono un richiamo potente all’urgenza di un cambiamento culturale che passi attraverso il rispetto delle vittime e la condanna, senza mezzi termini, di chi celebra la criminalità organizzata. Solo così si potrà sperare di interrompere il ciclo di violenza che continua a minacciare il futuro del nostro Paese.