Le femmine sapute di Molière, adattamento Massimo Maraviglia
NAPOLI – Da giovedì 24 a domenica 27 novembre, alle 21, il cinquecentesco Palazzo de’ Liguoro aprirà le porte a Le Femmine sapute di Moliére. Con l’adattamento di Massimo Maraviglia, la regia di Arturo Muselli ed Ettore Nigro, nonché il riallestimento di Ettore Nigro, lo spettacolo è «un omaggio irriverente all’umana cretineria (maschile, femminile o altro che sia), che induce ogni individuo a cercare le proprie gratificazioni, i propri riconoscimenti in cose e luoghi diversi da quelli in cui sarebbe utile e naturale forse cercare».
Rappresentata probabilmente per la prima volta nel 1671 al Théatre de la Cour a Saint-Germain-en-Laye, Les Femmes savantes (trad. in italiano Le femmine sapute o anche Le Intellettuali) è una delle commedie cosiddette minori di Molière.
Trama più classica non c’è: una giovane fanciulla (Enrichetta) intende sposare un bravo giovane (Clitandro) di buona famiglia, ma i loro intenti sono contrastati dalla di lei madre (Filaminte) che intende dare in sposa la figlia ad un giovane poeta di scarso valore e malcelato arrivismo (Trissottino) la cui vera natura di profittatore verrà svelata alla fine grazie a un tranello escogitato da Aristo, zio di Enrichetta. Le giuste nozze tra la fanciulla e Clitandro concludono inevitabilmente la fragile trama.
Dietro la storia, l’intento sarcastico di Molière che mira a colpire i vezzi pseudoculturali della borghesia del tempo che, attraverso la coltivazione della scienza e dell’arte “da salotto”, aspira ad un maggiore riconoscimento sociale, in contrapposizione all’aristocrazia delle corti.
Letta con gli occhi di oggi si tratta di una commedia del tutto anacronistica che non offre – meglio così – nessuna possibilità di parallelismi coi nostri tempi: altri vezzi, altri disvalori coltiva la borghesia di oggi (ove mai ne esista ancora una), altre questioni toccano i conflitti tra classi sociali.
Ma è proprio questo anacronismo, questa sua sostanziale inattualità (insieme al suo carattere di ludicità guittesca che caratterizza in generale tutta la produzione di Molière) a conferire a questa commedia il suo fascino inossidabile.
Le femmine sapute diviene allora, quasi inevitabilmente, un omaggio irriverente all’umana cretineria (maschile, femminile o altro che sia), che induce ogni individuo a cercare le proprie gratificazioni, i propri riconoscimenti in cose e luoghi diversi da quelli in cui sarebbe utile e naturale forse cercare.
Sicché tutti i personaggi, ciascuno a modo proprio, divengono membri di un coro di gallinacei privi di ogni speranza di redenzione, in contrapposizione a una Enrichetta/coniglio che, nella sua sostanziale e pura stupidità esprime il sempiterno, ottuso desiderio della specie di perpetrarsi.
In questo radicale annullamento di ogni possibile criticità, il gioco delle parti si trasforma allora in un gioco di pura teatralità da guitti, disegnando un arazzo colorato dietro il quale fanno capolino i fantasmi disperati di un nichilismo di transizione.