L’amarezza degli alunni: caso isolato, non siamo violenti
NAPOLI (di Attilio Iannuzzo – Il Mattino) – Suona la campanella, i ragazzi entrano nelle classi. Attimi di silenzio su cui riflettono professori e studenti. Nelle aule, prima di iniziare la lezione, si discute dell’aggressione avvenuta il giorno prima. I ragazzi, quelli della classe di Alessio sono indignati per ciò che è accaduto: “Questa aggressione – dice Andrea, un compagno di scuola di Alessio – ci ha feriti, la maggior parte dei ragazzi di questa scuola è gente tranquilla, nessuno di noi è violento, questo resta un episodio isolato”.
Gli studenti mostrano con orgoglio i lavori esposti nell’ingresso dell’Istituto, fotografie in cui vengono illustrate le loro attività dell’anno: “Abbiamo seguito alcuni percorsi formativi – dicono Marco ed Esmeralda, di quarta superiore – che ci ha portati a fare da guide ai turisti durante la manifestazione Maggio dei Monumenti; ci fa piacere ricordarlo per mostrare la nostra buona volontà e l’impegno dei nostri professori”. Alcuni ragazzi mostrano nel viso la delusione, ma si dicono intenzionati in prima persona a fare in modo che tali episodi non si verifichino più: “Questa vicenda deve farci riflettere – dicono gli studenti più grandi, quelli delle quinte – per la gravità e per le conseguenze a cui ci ha portato; nei cinque anni di scuola non ho mai visto una cosa simile in questo istituto, in un giorno sono andati in fumo anni di sacrifici dei nostri insegnanti”. “La scuola deve cambiare – dice Marco, studente del reparto odontotecnico – perché è cambiato il rapporto tra professori ed alunni, ci deve essere più rispetto e più disciplina”, incalza. Studenti consapevoli di una società scolastica che sta cambiando, a cui gli insegnanti talvolta stentano a stare dietro. C’è chi accusa le famiglie, che si disinteressano all’educazione dei propri figli: “Alcuni genitori di amici – dice Anna del terzo anno – non sono mai venuti a scuola, non li conosciamo, ed anche alcuni dei miei compagni di classe si assentano spesso; intanto che possiamo fare – continua – mica può andare la scuola a casa loro”. In molti casi questi ragazzi vivono in condizioni di totale abbandono da parte delle proprie famiglie ed è difficile seguire ogni singola situazione. Intanto sono molti i ragazzi, quelli più volenterosi, che appena diplomati continuano a collaborare con la scuola: “Ho preso il diploma l’anno scorso – dice Simone – ed ora collaboro con il mio docente aiutandolo con i laboratori di informatica; molti come me si impegnano durante gli studi, questa non è una scuola di violenti”. Una qualità buona di insegnamento dunque, che talvolta si scontra con una platea scolastica difficile da gestire: “La scuola si trova al confine di quartieri in cui c’è grande disagio sociale – dice Ernesto, studente odontotecnico – e mi riferisco ai quartieri spagnoli, sanità, forcella; talvolta pensano che l’Istituto scolastico sia un territorio da conquistare; è proprio questo – aggiunge – che dobbiamo lottare, bisogna cambiare questo modo di pensare”.