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It (2017), Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?

di Danilo Piscopo

Accostarsi con il linguaggio cinematografico ad un romanzo di Stephen King non è mai una cosa semplice. Lo sa bene chi come me è letteralmente cresciuto con i suoi libri, immaginando pagina dopo pagina grandissime sequenze cinematografiche. Poi cresci e ti rendi conto che in realtà non tutte le storie del Re del brivido sono adatte per essere girate. Ma gli esempi di ottimi prodotti ci sono, così come alcuni capolavori tratti dalle sue opere, da Shining di Kubrick a La Metà Oscura di George A. Romero, Christine di Carpenter e Carrie di Brian De Palma. Tutti ottimi film. Per essere più precisi, tutti magnifici registi.

Il merito è quello di essere riusciti a portare sul grande schermo ciò che spaventa realmente nei libri di King, prima ancora dei suoi mostri, dei suoi spiriti irrequieti, delle sue macchine e addirittura delle sue scarpe da tennis: la quotidianità.  È l’elemento sociale il vero orrore della poetica kinghiana, l’orrore che prende forza dal precario equilibrio dei valori familiari, dall’infanzia travagliata dei bambini di provincia, dal bullismo adolescenziale e dalle scarpe da tennis sporche.

Era il 1990 quando il mondo vide per la prima volta in tv il volto di Pennywise il clown danzante, magistralmente interpretato da Tim Curry, nella miniserie tv It diretta da Tommy Lee Wallace. Benché negli anni sia diventata una vera e propria pellicola di culto, la miniserie resta una delle peggiori trasposizioni in pellicola del capolavoro di King. Il risultato sembra essere una versione “buonista” della storia originale che si tiene in piedi solo grazie ad un Tim Curry in ottima forma.

Sono passati 27 anni, It è tornato (così come nel libro) prodotto dalla New Line Cinema e dalla Warner Bros. Le prime controversie sulla regia sono emerse già nella pre-produzione quando Cary Fukunaga (autore della sceneggiatura iniziale) fu scartato e sostituito e da Andrés Muschietti, regista di “La Madre” del 2013. Nei panni di Pennywise troviamo il giovane Bill Skarsgård e un cast di piccoli attori nelle vesti della banda dei Losers.

A differenza del libro, il film è ambientato nel 1988 con riferimenti a videogiochi come Street Fighter, pellicole come Nightmare on elm street parte 5.

Ventisette anni dopo ci ritroviamo di fronte allo stesso problema del 1990: il film non sa parlare ai giovani. E questo potrebbe sembrare niente, ma in realtà è tutto. It è una storia che tratta della difficoltà di crescere in una cittadina di provincia, Derry, chiusa in se stessa e incapace di aprire gli occhi sul malessere che la circonda o che forse la divora dall’interno, decisa ad indossare la maschera dell’ipocrisia e dell’omertà. Per le stradine della cittadina del Maine si aggirano omicidio, razzismo, omofobia, violenza domestica, bullismo. Nel film di Muschietti niente di tutto questo. Derry, vero mostro del film, viene totalmente omessa e così anche il male che vive sotto i suoi piedi, nel suo cuore. Pennywise è lì, esiste poiché deve esistere e non ha altra spiegazione di essere se non quella di diventare l’ennesimo mostriciattolo in mano alle multinazionali dell’intrattenimento passivo.

A incutere timore sono solo due o tre scene saggiamente costruite secondo l’idiozia dello jump-scare, che vengono immediatamente smorzate da una costante, e a tratti insopportabile, ironia per alleggerire scene che, in realtà,  non hanno nulla di angosciante. Il film è lento, inesorabilmente e incomprensibilmente lento, lentezza che non serve ad approfondire le decine e decine di temi sviluppabili della pellicola, ma a prendere delle pause di respiro enormi per proseguire lo svolgimento della trama.

C’è da dire che Bill Skarsgård interpreta un antagonista perfetto, credibile in ogni scena, quattro per la precisione, il resto sono solo immagini e ricostruzioni in CGI del personaggio. Poi c’è la talentuosa Sophia Lillis nei panni di Beverly Marsh, unica fra i ragazzini a spiccare per qualità di recitazione (da ammirare nei cortometraggi The Lipstick Stain e The Garden).

Per il resto It, nonostante la pomposa campagna pubblicitaria, resta un film mediocre che si lascia accostare tranquillamente ad un qualsiasi blockbuster di poco conto degli ultimi anni, non incide e non disturba, nonostante l’enorme quantità di materiale da cui poteva attingere dal libro per risultare più attuale, cosa che rende It – parte 1 un film terrificante per demerito.

 

Voto: 2/5 stelle.

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