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Cronaca

Giuseppe Ferrara ricorda Falcone e Borsellino: “ la verità è una fenice, arriverà per le stragi”

Falcone e Borsellino

NAPOLI (di Daniele Pallotta) – “Lavoravo meglio quando c’era la Democrazia Cristiana. Adesso trovo tutto bloccato. Ancora oggi  le difficoltà maggiori per realizzare films sono :  trovare una produzione che dia i soldi e poi avere una buona  distribuzione; ma confesso con nostalgia che per il mio mestiere di regista era meglio il precedente periodo storico- politico.”  Giuseppe Ferrara  sorride nel parlare di “nostalgia per la Democrazia Cristiana”  e sembra voler dire con amara ironia che la condizione già critica per la sopravvivenza del cinema di denuncia sociale è andata negli anni progressivamente peggiorando. Il regista toscano, che  il 15 luglio ha compiuto 79 anni, ha infatti  da sempre incontrato difficoltà nel realizzare i suoi film, difficoltà non solo di carattere finanziario. “Nel caso del film su Giovanni Falcone, prodotto e distribuito da Di Clemente, le problematiche sono state di tipo giudiziario. Mi hanno fatto causa Bruno Contrada e Vincenzo Geraci, ed io ho perso entrambe le cause. Secondo la  sentenza relativa al primo caso io avrei offeso l’onore di  Contrada, una persona  condannata per concorso esterno in associazione mafiosa; insieme ad altre persone sono tenuto a risarcirlo. “Per quanto riguarda Geraci era chiaro che Borsellino facesse riferimento a lui quando parlava del magistrato “giuda” che aveva ostacolato la  successione di  Giovanni Falcone ad Antonino  Caponnetto”.

Ferrara afferma che le persone conosciute nel corso della sua vita professionale verso cui prova maggiore stima sono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, “ per la loro umanità e per la loro disponibilità: chiesi e ottenni da Falcone la consulenza per il film sul generale Dalla Chiesa, e quando lo proiettarono all’Università di Palermo lui era tra le prime file e alla fine si è congratulato con me. Paolo Borsellino l’ho incontrato nel suo ufficio nel Palazzo di Giustizia di Palermo tre giorni prima della strage di via D’Amelio, ricordo che accendeva e spegneva in continuazione sigarette, credo fosse consapevole che gli mancavano poche ore da vivere. Le sue risposte furono tuttavia lucidissime e puntuali e ci aiutarono a realizzare il film su Giovanni Falcone.”

Ritiene che sia ancora lontana la verità sulle stragi di Capaci e di via D’Amelio?

“La verità è come una fenice, potrebbe all’improvviso venire fuori. Ci sono giudici che stanno lavorando per trovarla.”

Oltre al film su Giovanni Falcone quali sono i film girati da lei che ritiene più importanti?

“Il più importante penso sia Il caso Moro, perché contiene parti indagatrici dei misteri italiani. Ricordo una frase di Leonardo Sciascia: se questo Paese non farà verità sul caso Moro sarà un Paese perduto. A farne un film straordinario ha contribuito la presenza di Gian Maria Volonté,  un genio della recitazione: il film è mio e di Gian Maria. Altro mio film che mi è piaciuto moltissimo è Narcos, in cui rappresento una situazione che non è italiana ma somiglia molto all’Italia : i killer piccoli che vengono a loro volta assassinati dalla mafia dopo aver svolto le loro funzioni.”

Perché nella sua carriera di regista ha scelto di girare opere di carattere prevalentemente sociale e politico?

“Perché credo che il cinema nella sua essenza sia di carattere sociale. Noi  vediamo  e  sentiamo per gli altri, non posso panoramicare la macchina da presa sul mio ombelico, la devo dirigere verso gli altri, verso la società.”

Cosa prevede per il prossimo futuro del cinema italiano?

“La televisione è il futuro del cinema. Le sale cinematografiche non possono che chiudere, non c’è 3d che tenga. Il cinema dal punto di vista della proiezione in pubblico è finito.”

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