“Giancarlo Siani, la voce che non si spegne: i 666 riportano in vita ‘Troppo in fondo’ per le nuove generazioni”
A quarant’anni dalla sua nascita, “Troppo in fondo”, la canzone scritta dal gruppo napoletano 666 in memoria dell’amico e giornalista Giancarlo Siani, torna a suonare con forza e attualità.
Non è solo un omaggio: è un nuovo atto di resistenza, un ponte tra la memoria e il futuro, tra il giornalismo coraggioso e la voce delle nuove generazioni. Giancarlo Siani, assassinato dalla camorra il 23 settembre 1985 a soli 26 anni, continua a vivere nelle sue inchieste, nei suoi articoli, nel suo sorriso e, da oggi, anche in una nuova versione di quella canzone che i suoi amici musicisti scrissero per lui. Vittorio Nicoletti Altimari e Marco Gesualdi – membri storici dei 666 – insieme al giornalista e autore Michelangelo Iossa, hanno dato nuova linfa al brano, portandolo in studio di registrazione per una sessione che ha unito musica, memoria e impegno civile. A rendere ancora più toccante questa nuova versione è la voce di Paolo Siani, fratello di Giancarlo, che legge alcune delle sue frasi più forti, tratte dagli articoli scritti sul Mattino, quelle parole “di piombo” che raccontavano con lucidità e coraggio il potere della camorra, la complicità delle istituzioni, il silenzio da rompere.
«È come se Giancarlo fosse entrato con noi in studio, con il suo taccuino, il suo registratore e la sua voglia di cambiare le cose», ha raccontato emozionato Marco Gesualdi. Per Vittorio Nicoletti Altimari, questa nuova versione è «un atto d’amore e di giustizia, ma anche un’urgenza: far conoscere Giancarlo ai più giovani, affinché sappiano che raccontare la verità può costare caro, ma è l’unica strada che porta alla libertà». Michelangelo Iossa, che ha curato il testo parlato e contribuito al progetto, sottolinea come questa operazione vada ben oltre la musica: «È una chiamata alla responsabilità, alla consapevolezza. Riascoltare Giancarlo oggi, in un’epoca in cui l’informazione è spesso frammentata e confusa, è un invito a tornare alla profondità, alla verità dei fatti».
“Troppo in fondo” non è nostalgia, è presente che pulsa. È la voce di chi ha deciso di non dimenticare, di chi ha fatto della musica e del giornalismo strumenti di lotta. È la dimostrazione che l’impegno non ha scadenza e che la memoria, se condivisa e rinnovata, può ancora cambiare il mondo.
Non è solo un omaggio: è un nuovo atto di resistenza, un ponte tra la memoria e il futuro, tra il giornalismo coraggioso e la voce delle nuove generazioni. Giancarlo Siani, assassinato dalla camorra il 23 settembre 1985 a soli 26 anni, continua a vivere nelle sue inchieste, nei suoi articoli, nel suo sorriso e, da oggi, anche in una nuova versione di quella canzone che i suoi amici musicisti scrissero per lui. Vittorio Nicoletti Altimari e Marco Gesualdi – membri storici dei 666 – insieme al giornalista e autore Michelangelo Iossa, hanno dato nuova linfa al brano, portandolo in studio di registrazione per una sessione che ha unito musica, memoria e impegno civile. A rendere ancora più toccante questa nuova versione è la voce di Paolo Siani, fratello di Giancarlo, che legge alcune delle sue frasi più forti, tratte dagli articoli scritti sul Mattino, quelle parole “di piombo” che raccontavano con lucidità e coraggio il potere della camorra, la complicità delle istituzioni, il silenzio da rompere.
«È come se Giancarlo fosse entrato con noi in studio, con il suo taccuino, il suo registratore e la sua voglia di cambiare le cose», ha raccontato emozionato Marco Gesualdi. Per Vittorio Nicoletti Altimari, questa nuova versione è «un atto d’amore e di giustizia, ma anche un’urgenza: far conoscere Giancarlo ai più giovani, affinché sappiano che raccontare la verità può costare caro, ma è l’unica strada che porta alla libertà». Michelangelo Iossa, che ha curato il testo parlato e contribuito al progetto, sottolinea come questa operazione vada ben oltre la musica: «È una chiamata alla responsabilità, alla consapevolezza. Riascoltare Giancarlo oggi, in un’epoca in cui l’informazione è spesso frammentata e confusa, è un invito a tornare alla profondità, alla verità dei fatti».
“Troppo in fondo” non è nostalgia, è presente che pulsa. È la voce di chi ha deciso di non dimenticare, di chi ha fatto della musica e del giornalismo strumenti di lotta. È la dimostrazione che l’impegno non ha scadenza e che la memoria, se condivisa e rinnovata, può ancora cambiare il mondo.

