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Bocchino: “Al ballottaggio mai col Pdl”

Italo Bocchino

NAPOLI (di Francesco Parrella) – «La rottura con il Pdl e Berlusconi vuol dire che non si può votare con il Pdl e con Berlusconi». Italo Bocchino, ospite della trasmissione Omnibus in onda su La7, esclude ogni apparentamento con il Pdl in vista di possibili ballottaggi alle prossime amministrative – che l’esponente di Fli in base ai suoi sondaggi ritiene plausibile per Milano e Napoli -, non lasciandosi pertanto sedurre da chi in questi giorni ai candidati messi in campo dal Terzo polo di cui Fli fa parte, ha preferito quelli messi in campo dal Pdl. Poi aggiunge: «Questa decisione, in ogni caso, sarà presa prima degli eventuali ballottaggi: le scelte prevedono delle ragioni politiche». A fondamento delle proprie argomentazioni Bocchino individua due elementi che contrasterebbero con la scelta di convergere sui candidati Pdl. Il primo: «La personalizzazione della campagna politica di Berlusconi a Milano, dove sarà capolista». Il secondo: «A Napoli il candidato del Pdl è il candidato di Cosentino». Per cui, chiosa: «il lavoro fatto dal Pdl a Milano e Napoli, non alimenta nessuna convergenza», sostenendo infine che Berlusconi quando ha rotto con Fini «ha sottovalutato il problema e ha reagito in maniera muscolare, sostituendo poi l’esercito regolare con un esercito di mercenari».

RIVELLINI: «DOBBIAMO AUTO-DENUNCIARCI» – A quattro giorni dalla sua fuoriuscita da Futuro e libertà, scelta seguita anche da altri 28 presidenti di circolo dello stesso partito, Enzo Rivellini, ex coordinatore campano di Fli, difende la sua scelta di lasciare Fini e Bocchino per Berlusconi. «Dobbiamo auto-denunciarci – dice -, perché siamo stati vittime di un’illusione collettiva o di un gioco di prestigio. Tutti eravamo convinti di aver eletto Gianfranco Fini al congresso di Milano, e invece abbiamo scoperto che il nostro presidente è Bocchino». L’europarlamentare imputa ai vertici del suo ex partito di «negare la democrazia partecipata» oltre a considerare «scandalose le posizioni di chi vuol ancorare il partito al centrodestra, per poi trovare naturale che i massimi dirigenti sfilino sotto le bandiere rosse della sinistra radicale». Il riferimento è al corteo di ieri a Montecitorio contro il premier, mentre era in corso la votazione alla Camera sul “processo breve”, al quale hanno preso parte Sinistra, Popolo Viola e Fli. (Corriere del mezzogiorno)

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