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Berlusconi: passo indietro? Lo faccia Fini

ROMA (di Milena Di Mauro) – Il ‘terzo Polo’ entra oggi nel mirino di Silvio Berlusconi, che esibisce insieme ai risultati del governo del fare la certezza granitica di avere i numeri per andare avanti. “Se non sarà possibile governare – ribadisce il premier – ci recheremo dal Capo dello Stato, con la maggioranza delle due Camere, e chiederemo il ritorno dagli elettori”. Il premier snobba l’Udc consigliando a Pier Ferdinando Casini “l’appoggio esterno nell’interesse del Paese” ad un governo che è di suo autosufficiente. Casini ribatte piccato: “Se davvero Berlusconi ha a cuore il Paese più che la sua poltrona a Palazzo Chigi, si dimetta, apra una crisi vera dicendo che il governo non ce la fa ad andare avanti, e vedremo di trovare le soluzioni giuste”.

Il Cavaliere guarda poi dall’alto in basso le proposte programmatiche sui giovani di Luca Cordero di Montezemolo: “Parlare è facile, fare i fatti è difficile. E noi stiamo facendo i fatti”, lo zittisce con la proposta di un’imposta forfettaria del 10 per cento in tre anni per incentivare le nuove generazioni a creare nuove imprese. Intanto Berlusconi continua a duellare con i finiani, che ancora oggi lo esortano a mostrare responsabilità e a fare un passo indietro per non portare alle urne un paese nella totale instabilità. “A fare un passo indietro siano piuttosto altri, come il presidente della Camera, che invece di essere super partes è stato di parte e ha fondato un partito sulla sua figura di leader”, replica il premier. Parole che fanno infuriare Fli e che Italo Bocchino rintuzza così: “Berlusconi chiede le dimissioni di Fini? Non ci credo. Non credo l’abbia detto con la riforma dell’università in Aula e con i finiani determinanti”. Il portavoce del premier Paolo Bonaiuti deve spiegare che Berlusconi non ha mai chiesto le dimissioni di Fini: “L’invito a fare il passo indietro riguardava, con ogni evidenza, la posizione politica e le indicazioni, anche odierne, di alcuni esponenti di Futuro e Libertà di votare la sfiducia al Governo, nonché l’ennesima richiesta di dimissioni del Presidente Berlusconi, fatti che contrastano con la conclamata volontà degli elettori”.

Rientra così, almeno in parte, la ‘guerriglia’ parlamentare dei finiani in Aula, ed il braccio di ferro con il ministro dell’Università Maria Stella Gelmini per ottenere maggiori garanzie sulle coperture economiche della riforma universitaria. Intanto continua a pieno ritmo, nella maggioranza, il gioco del cerino. Il premier fa le barricate contro chi gli chiede di cedere il passo in un momento di crisi globale. “L’Italia ha bisogno di tutto, fuorché di qualcosa che non sia stabilità di governo”, dice in conferenza stampa a Palazzo Chigi, tornando ad attaccare l’informazione faziosa e fatta di gossip e definendo il Tg3 “peggio” di Telekabul. I finiani studiano le mosse da compiere da qui al 14 dicembre per non ritrovarsi addossata la responsabilità della crisi. E fanno, con Carmelo Briguglio, un’apertura tattica in caso di proposta da parte del premier di una nuova legge elettorale. “Non serve certo un rattoppo improvvisato ma una seria risposta politica, una chiara assunzione di responsabilità come quella che insieme all’Udc chiediamo da tempo”, insistono con il coordinatore di Fli, Adolfo Urso. Ma è soprattutto verso i centristi, che oggi sono riusciti a far passare un loro emendamento sulla riforma dell’Università mandando sotto la maggioranza alla Camera, che il premier mostra ruvidezza.

“L’Udc – è il richiamo di Berlusconi – ha perso un’occasione. Quando c’é stata l’operazione dei finiani, in un momento di crisi globale, quando era importane continuare con un governo solido e con quasi tre anni di lavoro, c’era per l’Udc un occasione di avanzarsi. Lo facciano ora nell’interesse del Paese, appoggiando una maggioranza ed un governo dall’esterno. Ciascuno dovrebbe restare fedele al voto ricevuto. L’Udc si è presentato da solo, per l’opposizione di Gianfranco Fini che non voleva facesse un accordo con noi. Oggi avrebbe l’occasione di dimostrare che non pensa solo al tornaconto del proprio leader, ma a quella del Paese che ha necessità di avere una maggioranza stabile”. Una proposta che Casini respinge al mittente. “Sorrido – ribatte il leader Udc – perché siamo l’unico partito ad essere stato all’opposizione sia di Prodi che di Berlusconi. Se ci fosse stato l’allettamento delle sedie, oggi saremmo già seduti. Ma è l’unica cosa a cui siamo del tutto indifferenti”. (Ansa)

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