A Dante piaceva caldo…il pane!
NAPOLI (di Isabella Forte Nele) – Scherzi a parte, credo che a Dante il pane piacesse a prescindere. Pare, lo preferisse senza sale, tipicamente toscano e non certo era il solo ad amare il pane. Nel medioevo pare fosse l’alimento principale, tutto il resto era companatico.
Del resto, se ripensiamo ai nostri anni sessanta, tutto sommato è solo da un ventennio che il nostro amatissimo pane ha perso un po’, ma solo un po’, della sua importanza. All’epoca del sommo poeta il popolo faceva due pasti, uno intorno alle dieci del mattino ed uno al tramonto, ovviamente in assenza di carestie. Si cucinava solo di mattina e la sera si consumavano gli avanzi. Nel libro sui buoni costumi del mercante fiorentino Paolo da Certaldo si consiglia come regola di vita di cucinare solo di mattina e di mangiare poco la sera, poiché questo è il modo di stare sani (nutrizionista ante litteram). Il piatto principale era costituito da una zuppa di farro, di cavolo, di lenticchie, alla quale due volte a settimana, in genere il giovedì e la domenica, si aggiungeva della carne, di manzo, di vitello o di agnello. Durante la quaresima, alla carne si preferiva il pesce. I nobili e i più ricchi, ai due pasti aggiungevano la merenda pomeridiana.
Il pane, dunque, accompagnava e completava zuppe. Naturalmente una zuppa con la carne era più facile trovarla sulle tavole dei benestanti. Sarebbe auspicabile che il pane nuovamente, dopo il giacobinismo nei suoi confronti di questi anni, tornasse ad essere il re delle nostre tavole. Chissà se questa crisi, di cui tanto parliamo e che io definirei più una nuova realtà, non porti con sé anche qualcosa di positivo in tavola: il pane accompagnatore privilegiato e saziante, anche solo con un filo di olio extravergine di oliva.
Il sommo poeta apprezzerebbe e di sicuro non ci getterebbe all’inferno nel girone dei golosi!