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Orlando Julius & The Heliocentrics in tour europeo

ROMA – Un esordio speciale quello di Orlando Julius in Italia, il 12 febbraio scorso. L’ispiratore e mentore del giovane Fela Kuti negli anni ’60 sta affrontando, all’età di 72 anni, un tour europeo con i londinesi Heliocentrics (con date anche a Roma, Milano, Bologna e Torino fino al 15 febbraio prossimo).

HeliocentricsJulius è considerato uno dei padri dell’afrobeat, quindi non sorprende che ad accoglierlo nella prima tappa nostrana al Quirinetta di Roma ci fossero persone di tutte le età. Il sassofonista nigeriano ha riarrangiato, rielaborato e inciso sue composizioni risalenti agli anni ’60 e ’70, tutti brani inediti, mai incisi e mai pubblicati prima, insieme al collettivo degli Heliocentrics, diretto da Malcom Catto.

Tornare, dopo Mulatu Astatke, ad assistere in Italia a un live di quel Treno ad Alto Groove che corrisponde al nome di Heliocentrics – anche se in un luogo non propriamente incline ad accogliere vibrazioni così pericolosamente sudate come l’ex cinema Quirinetta – già da sè costituisce una splendida occasione per rinfrancare la mente (“Free your mind and your ass will follow”, prescriveva qualcuno che di groove se ne intendeva). Le motivazioni si moltiplicano se a guidare tale macchina infernale è l’ispiratore indiscusso di tutta la saga dell’Afrobeat: Orlando Julius. Quel tipo che in tempi non sospetti, metà anni 60 appunto, indaga la contaminazione tra l’Highlife nigeriano e il Rithm’n Blues statunitense. E che, sulla base di queste intuizioni, nel 1966 concepisce “Super Afro Soul”, disco seminale che vede proprio Fela Anikulapo Kuti alla tromba nelle fila del primo gruppo di Julius, i Modern Ace.P roprio dagli anni ’60 e ’70 il grande sassofonista (capace di incantare il pubblico anche con una sola mano) ha ripescato delle gemme mai pubblicate per chissà quale arcano motivo, per darle in pasto, si fa per dire, all’ormai consolidato connubio vincente Strut Records-Heliocentrics di Malcom Catto, che ha prodotto un disco di recentissima uscita, “Jaiyede Afro”. Una vera perla da non perdere per gli appassionati del genere. Sul palco spicca un vecchio minimale organo Farfisa-style, che svolge una funzione episodica e diversiva, timbricamente, nel magma vorticoso e ultracompatto dell’Heliocentric sound.

Il fraseggio fluido di Julius rimane leggermente arretrato riapetto al fronte sonoro della band, che sembra non aver bisogno di riscaldare gli strumenti:l a partenza è bruciante e, quel che ci si aspetta, si avvera. Lunghi brani ipnotici che risvegliano il senso più ancestrale dello stare al mondo per condividere qualcosa che non puoi eludere, forse il senso di appartenenza. Dietro la batteria, Malcom Catto muove le braccia vorticosamente come se avesse timore di inceppare il meccanismo perfetto della sua rodatissima macchina ritmico-psichedelica. E poi digressioni nel free jazz assolutamente pertinenti e misurate e quell’organo che regala sporadicamente quelle note acide, quasi cinematiche, evocative e rassicuranti. Un concerto da non perdere, in qualunque parte d’Europa vi troviate, Julius vi regalerà radici di vera musica e Africa.

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