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Omicidio Saman Abbas, ergastolo in appello per genitori e cugini: 22 anni allo zio Danish

Una svolta clamorosa nel processo per l’omicidio di Saman Abbas, la giovane pachistana di 18 anni scomparsa nella primavera del 2021 nelle campagne di Novellara (Reggio Emilia). La Corte d’Assise d’Appello di Bologna ha emesso oggi una sentenza che ribalta la pronuncia di primo grado: ergastolo per i genitori Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, così come per i cugini Nomanulhaq Nomanulhaq e Ikram Ijaz, precedentemente assolti. Ventidue anni di reclusione allo zio Danish Hasnain, che in primo grado era stato condannato a 14 anni di carcere.

Il collegio ha riconosciuto **le aggravanti della premeditazione e dei futili motivi**, accogliendo le richieste della Procura generale, che aveva chiesto per tutti la massima pena. “La sentenza di condanna segna un momento di svolta, non solo giuridico ma anche sociale. È un atto di giustizia atteso e necessario”, ha commentato Maria Teresa Manente, avvocata e responsabile dell’ufficio legale dell’associazione Differenza Donna. “In primo grado – ha aggiunto – è stata messa sotto processo la vita di Saman, il suo desiderio di libertà, la sua autodeterminazione. Questa sentenza ripara, almeno in parte, quella vittimizzazione secondaria”.

L’udienza si è aperta con l’intervento dell’avvocata Sheila Foti, legale di Shabbar Abbas, che ha difeso l’innocenza del suo assistito:
“Un padre e una madre, con la P e la M maiuscola, non ammazzano le figlie. Lei era la sua luce”, ha affermato in aula, sostenendo che “i genitori non sapevano nulla di quanto accaduto, certamente non Shabbar”.

Foti ha inoltre messo in discussione la credibilità del fratello di Saman, testimone chiave dell’accusa, e ipotizzato scenari alternativi legati alla presenza di tracce biologiche femminili rinvenute sulla scena del delitto. Un intervento che ha suscitato reazioni contrastanti in aula, ma che non ha convinto i giudici d’appello. Prima della sentenza, anche i cugini della ragazza, Ikram Ijaz e Nomanulhaq Nomanulhaq, hanno rilasciato dichiarazioni spontanee:
“Siamo innocenti, non abbiamo avuto alcun ruolo. Non vogliamo tornare in carcere, chiediamo giustizia”, ha detto Ijaz. “L’unico errore che abbiamo fatto è stato fuggire. Se non fossimo scappati, non ci troveremmo in questa situazione”, ha ammesso Nomanulhaq. La vicenda di Saman Abbas ha profondamente scosso l’opinione pubblica italiana, diventando un simbolo della lotta contro la violenza patriarcale e i cosiddetti “delitti d’onore”. La giovane si era opposta a un matrimonio forzato, scegliendo di vivere libera secondo i propri desideri. Una scelta pagata con la vita. L’iter giudiziario non si è ancora concluso: è probabile che i difensori annuncino ricorso in Cassazione. Ma intanto la sentenza di oggi segna un passaggio cruciale, riconoscendo le responsabilità familiari in un femminicidio premeditato che ha privato una ragazza della sua libertà e del suo futuro.

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