“L’amore è un cane blu” di Paolo Rossi al Teatro Bellini di Napoli
NAPOLI (di Elettra Bernardo) – Mesi di prova per dare al pubblico l’idea di essere in prova, ed ecco “L’amore è un cane blu – La conquista dell’ est”, ultima fatica di Paolo Rossi, in scena al teatro Bellini dal 5 al 10 Novembre. Uno spettacolo onirico, surreale, delirante; uno spettacolo sulla realtà. C’è sempre spaesamento nello sguardo di chi,poco avvezzo al teatro, entra in sala e trova il sipario già alzato: il marito rimprovera la moglie per l’abituale ritardo, il pensionato controlla tre o quattro volte di seguito l’orario riportato dal suo orologio da polso, il giovanotto si domanda se non ci sia un guasto tecnico: è lo spaesamento della parte passiva, di quel pubblico nutrito da anni di televisione commerciale, abituato ad avere il pacchetto pronto, convinto che i dietro le quinte, o meglio i backstage, siano né più né meno che delle scene girate ad hoc per ingrassare i contenuti speciali di lussuosi cofanetti di dvd.
Ed è questo il pubblico che Paolo Rossi decide di mandare in tilt creando una pièce capace di frantumare ogni singolo calcinaccio di quarta parete: perché “L’amore è un cane blu” è soprattutto uno scossone, una gomitata allo spettatore che guarda assuefatto e senza spirito critico. Restare semplici spettatori è un lusso che non è concesso. Attraverso un racconto che si presenta come futuro soggetto di un film in produzione,l’Italia, quella vera, quella incapace al cambiamento perché ignorante, maledettamente strafottente, è posta sul vetrino : senza giri di parole si delinea una nazione che non è logorata dal potere ma da chi questo potere lo concede, popolo di spettatori in teatro come nella vita. Cittadini che nell’eterna attesa del loro Godot che sistemi tutti i problemi ,vivono nella mediocrità ,tra falsi miti e apatia. E chi,dunque, meglio di un comico, di un clown ,può assolvere al compito di mostrare questa realtà dicotomica che si divide tra barzelletta e tragedia?
Così,i toni della tragedia e del mito vengono sapientemente miscelati a quelli del teatro dell’assurdo e del teatro politico, sdrammatizzati da risate che spesso si trasformano in ghigni o in sorrisi amari, inframmezzati da barzellette e racconti metropolitani, infarciti di citazioni colte e pop. Rossi ha il merito di creare, insieme alle musiche de I Virtuosi del Carso che lo accompagnano in quest’avventura, una tensione vitale e costante tra platea e palco, una coscienza umana e civile: perché un pubblico attivo è anche un popolo attivo.
Come il cane blu che in un mito carsico resiste alla bora, egli ci invita ad essere svolta e resistenza del presente, in maniera attiva e appassionata, ad amare e ad auspicare il cambiamento attraverso la rivoluzione culturale, unica vera scialuppa di salvataggio di un paese ormai alla deriva.