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Al Napoli Film Festival un giorno dedicato al regista Demme

NAPOLI – (di Daniele Pallotta) – Al Napoli Film festival, un giorno dedicato al regista americano Jonathan Demme. Demme ha detto di essere affascinato da Napoli, il cui clima di creatività gli ricorda Barcellona; di essere rimasto ammirato dai graffiti che visto in città e di voler fare un film nel capoluogo partenopeo, collaborando col musicista Enzo Avitabile, di cui è un estimatore. Demme spiega di amare la possibilità di spaziare da un genere ad un altro: “ Filmare documentari è diventata quasi una droga, trovo sempre qualcosa di interessante che potrebbe essere filmata. Ho rivisto da poco il documentario The agronomist, e in questo momento è la mia opera alla quale sono più legato. Amo fare anche opere di fiction, ma oggi circolano poche sceneggiature di valore. La sceneggiatura del mio ultimo film, Rachel sta per sposarsi, è di Jenny Lumet, figlia di Sidney”.

Jonathan Demme intervistato al Napoli Film Festival (foto di Andrea Baldo) ©2010 RIPRODUZIONE RISERVATA

L’ULTIMO FILM. Rachel sta per sposarsi, proiettato alla fine dell’incontro all’auditorium, parla , attraverso le attese ed i preparativi per  un matrimonio, dei rapporti familiari e di drammi interiori. La famiglia del futuro marito di Rachel è di origine afroamericana, ed il film mostra un ambiente privo di pregiudizi razziali. Anne Hathaway è la sorella di Rachel ed interpreta il ruolo di una tossicodipendente in fase di  recupero, segnata da un lutto di cui porta la responsabilità, una ragazza che chiede affetto con ossessione, prigioniera delle sue insicurezze. Un padre bambino ma generoso nel donare, una madre in apparenza equilibrata, ma colma di rabbia repressa, un rapporto tra sorelle conflittuale, quasi di odio, che maschera empatia e dolcezza: il film scava nell’interiorità dei personaggi. “Ho voluto lasciare gli attori liberi di creare, cogli anni ho capito che è meglio fidarsi degli attori, se sono bravi. Il risultato è un’opera di creazione collettiva”.

Demme ha iniziato a lavorare con Roger Corman a 27 anni, e ancora oggi si stupisce dell’opportunità avuta.

Il suo amore per il cinema è intrecciato a quello per la musica: “filmare un concerto, come quelli di Neil Young, è come raccontare una storia senza il filtro della recitazione. Le riprese in questi casi le fanno dei musicisti di professione, in grado di scegliere le inquadrature migliori, e di ridurre al minimo il lavoro di montaggio”.

I CAPOLAVORI. “Il silenzio degli innocenti – racconta Demme – era stato affidato alla regia di Gene Hackman, e gli attori protagonisti avrebbero dovuto essere Sean Connery e Michelle Pfeiffer, ma entrambi sono stati spaventati dalla sceneggiatura. Antony Hopkins e Jodie Foster si sono poi rivelati perfetti per quei ruoli”.

Philadelphia. Il film interpretato da Tom Hanks e Denzel  Washington affronta la questione del pregiudizio, nei confronti delle persone omosessuali e di quelle affette da AIDS. “Per superare qualsiasi pregiudizio il modo migliore è conoscere le persone, perché il pregiudizio nasce dalla non conoscenza e dalla paura” – afferma Demme, il quale ricorda che “Philadelphia fu realizzato grazie alla forte volontà della casa di produzione, all’adesione al progetto degli attori, che accettarono paghe ridotte, e al sostegno morale di tutti quei cittadini che non condividevano la campagna di discriminazione portata avanti dal governo Reagan.

LA POLITICA. “The Manchurian Candidate mi fu proposto dallo stesso Denzel  Washington, che mi inviò la sceneggiatura. E’ un ramake di Vai e uccidi, film che parlava della falsità e dei crimini del maccartismo. Ed esistono forti analogie tra quel periodo e i due governi di George W Bush; Bush e il suo estblishment hanno terrorizzato gli americani, parlando costantemente di una guerra necessaria, sino a far credere agli americani che non ci fosse differenza tra Iraq e Osama Bin Laden.”

IL CALCIO. Demme ha fondato un’associazione di cineasti per sostenere Nelson Mandela. Sui mondiali che iniziano oggi in Sud Africa Demme cita Bob Marley: “lui era fanatico di calcio e diceva che lo sport è molto bello da guardare e praticare, ma si preoccupava che troppo spesso si finiva per dare troppa attenzione all’evento sportivo e poco agli altri problemi del mondo  che lo circondano. Secondo me questo vale anche per il Sud Africa: è bene che ci siano i mondiali là, ma parliamo anche del contesto in cui accade, perchè i problemi lì sono tanti e non finiscono per aver ospitato una manifestazione di questa portata”

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