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Venezia un bel sogno, talvolta triste: il romanzo di Anna Pavignano

NAPOLI (di Federica Bertocco) – “Venezia che muore, Venezia appoggiata sul mare. La dolce ossessione degli ultimi suoi giorni tristi, Venezia la vende ai turisti che cercano in mezzo alla gente l’Europa o l’oriente, che guardano alzarsi alla sera il fumo o la rabbia di Porto Marghera”. Cantava così Francesco Guccini evocando una delle città più belle del mondo. Ma anche triste, come nell’ultimo libro di Anna Pavignano “Venezia, un sogno” (Edizioni e/o).

Thomas, americano ormai in Italia da trent’anni, ripercorre la propria vita: l’arrivo nella città, l’amore per la moglie Ivonne, morta prematuramente di una misteriosa malattia che le ha cancellato la memoria, l’infanzia del figlio e la rivalità con lui a causa del rapporto esclusivo che ha avuto con la madre. E ancora le altre donne che ha amato e perduto ed i duri anni di lavoro come cameriere. “Memorie felici, dolorose, intense”.

Poi l’inaspettato a sconvolgere la vita del protagonista ed una lotta intensa a difesa delle sue radici. Tutt’altro che un libro romantico, si tratta di un inusuale romanzo d’amore. Accanto ai più precisi dialoghi curati nei minimi accenti tra i protagonisti, l’autrice ha aggiunto un pizzico di dettagli gastronomici per richiamare all’attenzione il lettore. Una vera esperta la Pavignano, del resto il suo è un nome di prestigio nel campo della cinematografia italiana, già candidata ad un Oscar qualche anno fa per i dialoghi de “Il postino” di Troisi. Per chi avesse ancora voglia di leggere, ecco le prime righe:

“A Venezia, Thomas, arriva un mattino presto. E’ inebetito dal sonno e si trova a bordo del vaporetto insieme con degli operai che tornano dal turno di notte a Porto Marghera. Ci sono anche delle donne che stanno andando al mercato e vari studenti. Tutto quell’ondeggiare e l’odore dell’acqua umida fa capire a Thomas che il mare, a Venezia, è la quotidianità, abitudine e gli piace. Le persone a Venezia vivono così, spostandosi sull’acqua tutti i giorni. Non gli importa salire sul campanile di san Marco o di entrare nella basilica. E’ attratto dalle statue dei mori poste sopra alla torre dell’orologio e che rintoccano le ore.

Aspetta il rintocco per venticinque minuti e finalmente la statua esaudisce il suo desiderio. Si sente un po’ deluso però, perché Thomas non si considera un turista e neppure un viaggiatore. E’ solo uno che si sposta lungo il mondo, calpestandolo e respirandolo. Il mondo va percorso e non si può sprecare questa possibilità neanche restando fermi in un angolo, come stà facendo lui ora. E’ fermo in piedi davanti ad un piccolo negozietto con le serrande ancora abbassate. Una splendida ragazza gli rivolge la parola dicendo che deve aprire il negozio e se può farsi da parte”.

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