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Cronaca

Strage di via D’Amelio, Ayala: “Sono stato il primo ad essere in quel posto”

Ayala al MaDRe (foto di Luca Iovino) ©2010 RIPRODUZIONE RISERVATA

NAPOLI (di Daniele Pallotta) – “Io sono stato il primo ad arrivare in via D’Amelio, dopo la strage in cui persero la vita Paolo Borsellino, e gli uomini della sua scorta. Sono arrivato prima ancora dei pompieri. Ma per pura casualità. Abitavo a 200 metri da via D’Amelio, quella domenica pomeriggio ero appena tornato dal mare. Ho sentito l’esplosione, e visto un’enorme nube nera. Sono uscito con gli uomini della scorta e ho raggiunto per primo il luogo della strage.” Giuseppe Ayala, pubblico ministero durante il primo grado del maxiprocesso alla mafia iniziato nel 1986, a Napoli per il suo “spettacolo –racconto”, ricorda il 19 luglio del 1992, giorno della strage di via D’Amelio.

Dottor Ayala, una volta sul luogo della strage, lei prese la valigetta di Paolo Borsellino, in cui quasi certamente c’era l’agenda rossa contenente i suoi appunti?

Sì, ho preso la valigetta, ma l’ho consegnata subito ad un ufficiale dei carabinieri, che compare anche in un video, mentre si allontana. Non so cosa sia avvenuto dopo.

Non è stata accertata alcuna responsabilità?

Che io sappia è stato tutto archiviato. Quello che è certo è che l’agenda rossa non è stata più ritrovata.

Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Spatuzza inducono a pensare che i primi processi sulle stragi siano stai manipolati.

Il processo su via D’Amelio subirà una revisione, deve essere rifatto. Ci sono sentenze arrivate fino in Cassazione che non dicono la verità. Il problema è capire se siano state falsità colpose o dolose. Parliamoci chiaramente: in carcere ci sono persone che con le stragi non hanno avuto nulla a che fare.

Quali insegnamenti le hanno lasciato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino?

In dieci anni di convivenza con Falcone sono diventato un uomo migliore. Giovanni Falcone era umanamente ricco. E Paolo altrettanto. Parlando di Paolo una parola può rappresentarlo: esempio. Era un esempio sia umano, che professionale.

Giuseppe Ayala porta il suo spettacolo- racconto “Chi ha paura muore ogni giorno”, titolo ispirato da una frase pronunciata da Paolo Borsellino a Napoli, nella location del Museo Madre. Ayala ripercorre gli anni della sua collaborazione con Falcone e Borsellino, dalla nascita del pool antimafia alle stragi di Capaci e di Via D’Amelio.

Ayala non parla nello spettacolo di Antonio Ingroia e Ilda Bocassini, i magistrati che stanno continuando il lavoro interrotto violentemente di Falcone e Borsellino, né dell’attività di informazione che Salvatore Borsellino e Rita Borsellino continuano ancora oggi.

GIOVANNI E PAOLO

Ayala ricorda la bellezza umana di Falcone e Borsellino. Timido e riservato Giovanni, con un’ironia talvolta demenziale ma divertente. “Giocava con i miei tre figli, li ha tenuti sulle ginocchia.Loro ed io ne sono fieri”.

Lui e Francesca non si scambiavano effusioni in pubblico, ma si scambiavano sguardi e sorrisi che valevano molto di più.”

Paolo era più estroverso, simpatico, era molto ironico. Poi capimmo tutti che ridevamo per non piangere. Facevamo una vita d’inferno, sempre con la scorta, in pericolo. Paolo era molto veloce di pensiero, e aveva ritmo, lavorava con intensità.

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