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Respinta la mozione di sfiducia per Caliendo, ma elezioni anticipate sempre più vicine.

Caliendo, voto negativo per la mozione di sfiducia ©2010 RIPRODUZIONE RISERVATA

ROMA – (di Daniele Pallotta) – La Camera dei Deputati ha respinto la mozione di sfiducia che chiedeva le dimissioni del sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo. Presenti in aula 603, favorevoli 229, contrari 299, astenuti 75. Hanno votato a favore della mozione i deputati  del Partito Democratico e dell’Italia dei Valori  ( i firmatari della mozione sono stati Franceschini e Donadi); contro il Popolo della Libertà di parte berlusconiana e la Lega; astenuti l’UDC di Casini, l’API di Rutelli, e il neonato gruppo Futuro e Libertà che fa capo a Gianfranco Fini. Sommando i voti degli astenuti con quelli di PD e IDV la maggioranza non avrebbe retto, dato significativo per le votazioni che avverranno nei prossimi mesi alla Camera. La procura di Roma la settimana scorsa  ha iscritto nel registro degli indagati Giacomo Caliendo  con l’accusa di essere parte integrante di un’ associazione segreta dedita ad alterare i corretti equilibri istituzionali e costituzionali ,in violazione della legge Anselmi. Le indagini si basano sulla intercettazioni contenute nell’ ordinanza di carcerazione di Pasquale Lombardi, ex giudice tributario che Caliendo conosce da 30 anni, del faccendiere Flavio Carboni e dell’ex assessore al comune di Napoli Arcangelo Martino, oltre che sui risultati degli interrogatori degli arrestati e degli altri indagati (il coordinatore del Pdl Denis Verdini, il senatore Marcello Dell’Utri e l’ex sottosegretario Nicola Cosentino). Diverse le contestazioni mosse a Caliendo dal procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo e dal pm Rodolfo Sabelli.  Centrale l’accusa che assieme a Lombardi, Martino, Carboni, Dell’Utri e il capo degli ispettori del ministero della Giustizia Arbibaldo Miller, il sottosegretario alla Giustizia fosse a casa Verdini, lo scorso 23 settembre, per un pranzo nel corso del quale si sarebbe deciso di avvicinare i giudici della Corte Costituzionale in vista dell’imminente decisione sul ‘lodo Alfano’.

Alfano: leso il principio di non colpevolezza. Il Ministro Angelino Alfano ha dichiarato che la mozione “lede il principio di non colpevolezza”, ammonendo chi avrebbe votato a favore di tenere presenti le conseguenze future.
Di Pietro: astenuti, uomini palo. In aula ha ribadito le accuse al sottosegretario Caliendo, ossia di aver esercitato pressioni per far approvare dalla Corte Costituzionale il lodo Alfano, per fare eleggere il giudice Alfonso Marra come presidente della Corte d’appello di Milano, per fare riammettere la lista Formigoni alle ultime elezioni regionali. Ricordato che Caliendo compariva già nelle pagine della relazione Anselmi sulla loggia segreta P2, ha invitato “per onestà intellettuale” lo stesso Alfano a dimettersi, dopo la bocciatura del lodo da lui scritto. Di Pietro si è riferito a Berloscuni come “un novello Nerone, circondato di damigelle prezzolate” che sta distruggendo l’Italia. E sugli astenuti :“siete solo spaventati dalla possibilità di perdere la poltrona; in parlamento ci sono molti uomini palo”.
Franceschini: al voto vinceremo, ma senza il porcellum. Franceschini ha citato casi di dimissioni in altri Paesi europei per reati di minima entità. “Questo sistema malato di politica e malaffare sta per crollare. Noi vinceremo le prossime elezioni, ma non con la legge elettorale porcellum di adesso. Rivolto a Bossi ha affermato “il popolo del nord non vuole quello che state facendo”. Bossi ha risposto alzando il pugno.
Martinelli infuriato. Il deputato PdL Marco Martinelli durante le dichiarazioni di voto si è alzato, urlando  contro qualcuno, pare l’onorevole finiano Di Biagio. Poi ha lasciato temporaneamente l’aula.
Standing ovation per Silvio. Silvio Berlusconi è entrato dopo la dichiarazione di Cicchitto, che ha definito Caliendo “una vittima sacrificale del giustizialismo”. Berlusconi è stato accolto dai deputati del PdL con un tifo da stadio, al grido inneggiante di “Sivio, Silvio, Silvio”. Subito dopo, la votazione che ha respinto la mozione di sfiducia, ma sancito la crisi all’interno della maggioranza.

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