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Enogastronomia

Piccolo viaggio nella cucina del tempo, iniziamo da Giulio Cesare

NAPOLI (di Isabella Forte Nele) – Avete mai pensato che sarebbe positivo conoscere i gusti in cucina di grandi uomini e grandi donne che hanno fatto la storia? Sono convinta che li sentiremmo molto più vicini e nostri. Insomma tutti, ma proprio tutti, amiamo la buona cucina, predilegiamo un piatto più di un altro, tutti abbiamo più o meno appetito, tutti, insomma, mangiamo! Cominciamo allora questo nostro viaggio nella cucina del tempo. E, quindi,…ma Giulio Cesare cosa mangiava? Entriamo nelle cucine degli antichi romani.

Giulio CesareAgli albori della loro grandezza, i romani predilegevano i vegetali, come era nell’uso dei vicni etruschi. Da questi ultimi importavano dell’ottimo grano, che aveva permesso la produzione del pane. Di questo ne esistevano tre tipi: candidus ( a farina bianca), secundarius (sempre bianco, ma con farina miscelata) ed infine quello plebeius( una specie di pane integrale). Tutto sommmato è cambiato veramente molto poco per il re delle nostre tavole, sua maestà il pane. Nel corso degli anni l’alimentazione dei romani, così come le loro usanze e la loro cultura si è modificata ed arricchita.Menti aperte e pronti a prendere il meglio dai popoli conquistati, quando, per esempio, ci fu il contatto con i Greci della Magna Grecia, i romani cominciarono ad apprezzare i frutti dell’olivo e della vite, che, fino a quel momento,avevano usato soprattutto per riti religiosi. La loro alimentazione era normalmente divisa in tre pasti quotidiani chiamati inizialmente jentaculum,cena e vesperna. Quest’ultima fu poi sostituita dal prandium. Per la maggioranza dei romani, la prima colazione era semplicissima: un bicchiere di acqua o qualcosa avanzato dalla cena. Immagino che fosse spesso veloce anche per il nostro eroe, spesso impegnato in campagne militari. Per il prandium la plebe non rientrava a casa a mangiare, ma si fermava nelle tabernae dove mangiava piatti semplici come uova sode,formaggio, legumi, pane plebeo e beveva vino mescolato con acqua. IL pasto più importante era comunque la cena che rimaneva per il 99,8% della popolazione di allora, come ha calcolato lo storico Jerome Carcopino, sempre molto frugale. Erano dunque pochi, e certamente Giulio Cesare era tra questi, coloro i quali mangiavano, dopo il bagno serale tra l’ottava e la nona ora, comodamente sdraiati su lussuosi triclinii (sulla comodità forse ci sarebbe da discutere). Tutti i romani, però,  ma proprio tutti, erano golosi di una salsa, con la quale insaporivano molti cibi, chiamata garum. Marziale, che ce ne tramanda la ricetta, scrive che si tratta di una salsa liquida a base di pesci sotto sale, specialmente teste di acciughe, ed erbe aromatiche. Una raffinatezza adatta agli antipasti e comunque, in versioni più economiche ricavate dalle interiora, molto gradita anche al popolo che, a quanto sembra, ne consumava anche un chilo al giorno.

Chissà quante volte Giulio Cesare, durante le sue vittoriose campagne di guerra, sotto la sua tenda si sarà rifocillato con garum spalmato su pane candidus…in fondo migliaia di anni sono passati, ma i piaceri rimangono invariati ed invariabili a farci ompagnia.

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