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Legge-bavaglio, cinque anni di guerra per coprire gli scandali del Cavaliere

Silvio Berlusconi

ROMA (di Massimo Giannini) – È potente e minacciosa, la forza di fuoco dispiegata nelle ultime settimane dal presidente del Consiglio sulle intercettazioni. “Voi parlamentari approvate al più presto la legge: la situazione attuale non è da Paese civile” (Agi, 6 ottobre). “Vi è un’urgenza a cui abbiamo il dovere di rispondere… Il cittadino alza il telefono e sente di poter essere controllato: è intollerabile, è un sistema barbaro a cui dobbiamo mettere fine” (Ansa, 7 ottobre).

Silvio Berlusconi prepara con queste parole, scagliate come pietre contro i pm, il prossimo “giorno del giudizio”. Giovedì la Camera voterà la legge-bavaglio, dalla quale può dipendere la sopravvivenza del suo governo. Il premier cerca di dimostrare l’indimostrabile: quella sulle intercettazioni non è la “sua” guerra, ma deve essere la guerra di tutti gli italiani che hanno a cuore la libertà.

È l’ennesima, disperata torsione del principio di verità. È la pretesa di impunità spacciata per diritto alla privacy. Non è un teorema giornalistico. Sono i nudi fatti di questi ultimi cinque anni. Ogni volta che Berlusconi ha forzato la mano alla sua maggioranza e al Parlamento, per chiedere il giro di vite sugli ascolti telefonici, non lo ha fatto per tutelare “milioni di cittadini inermi”.

Ma per impedire che, attraverso l’esercizio di un diritto all’informazione tutelato dalla Costituzione, i mass media portassero alla luce del sole vicende oscure che riguardano i suoi vizi privati, i suoi affari personali, i suoi conflitti di interesse. E che per questo svelano la natura torbida del suo potere e il “metodo” improprio con cui lo amministra. Questa è la vera posta in gioco della legge-bavaglio. (Repubblica)

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