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Economia

L’acquisto consapevole

di Giulia Cantelmi – Può il mercato della contraffazione diventare una fonte di pubblicità per le marche dell’alta moda italiana? Sembra strano eppure la risposta a questa domanda potrebbe essere sì, almeno stando a quanto venuto fuori da una ricerca portata avanti da Elisabetta Merlo, docente in Storia Economica dell’Università Bocconi.

Moda, borseLo studio ha evidenziato un rapporto tra il livello di contraffazione di un certo marchio ed il valore riconosciuto dagli acquirenti ad un capo originale del marchio stesso; in altre parole si è visto che maggiore è il livello di contraffazione di un capo rilevabile sul mercato del falso, più alto è il prezzo che l’acquirente sarebbe disposto a spendere per acquistare quel capo nella sua versione originale. Per contrastare, nel nostro piccolo, questo tipo di tendenza alla contraffazione e allo stesso tempo risparmiare, un modo è optare per l’acquisto online in siti autorevoli, scegliendo comunque l’originalità delle grandi firme, ma senza spendere troppo per un paio di calzature.

In Italia si stima che il mercato della contraffazione vanta un fatturato annuo di quasi 7 miliardi di euro, un’evasione fiscale di 1.7 miliardi ed un impatto in termini sociali di quasi 110 mila posti di lavoro persi. Cifre impressionati, tuttavia lo studio dell’Università milanese aiuta a comprendere logiche di marketing fino ad oggi non esplorate visto che la contraffazione di un capo diventa in qualche modo uno dei massimi riconoscimenti della qualità del marchio stesso e aiuta ad aumentarne il valore percepito.

Un altro interessante studio in materia arriva dai ricercatori dell’Università di Modena e Reggio Emilia che utilizzando il modello denominato Customer Based Brand Equity su un campione di circa 1200 individui, hanno rilevato come le “sensazioni” suscitate dal possesso di un capo di alta moda siano molto simili in termini quantitativi sia per chi acquista la versione originale di un capo sia per chi ne acquista la versione contraffatta.

Una riprova di quanto trovato alla Bocconi e che conferma una qualche “collateralità” tra l’ecosistema della merce originale e quella contraffatta; una collateralità che però dovrebbe lasciare qualche punto interrogativo di troppo per chi fabbrica alta moda, visto che l’impatto emotivo percepito dal possesso di un originale non è poi troppo diverso da quello che proviene dal possesso di una copia rifatta, molto meno costosa.

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