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La moglie casalinga non ha diritto alla metà dell’immobile costruito sul terreno del marito in costanza di matrimonio

Napoli (- di Italo Faruolo -) Non ha diritto alla metà della casa costruita sul terreno del marito la casalinga che pur avendo contribuito al menage familiare non dimostri di aver partecipato economicamente all’edificazione dell’immobile.

E’ questo il principio sancito dalla Suprema Corte, I Sezione Civile, con la sentenza n. 20508 del 30.09.2010,  a seguito del rigetto di un ricorso da parte di una moglie che chiedeva il diritto alla metà dell’immobile fabbricato sul terreno del marito pur avendo contribuito al menage familiare ma non avendo dimostrato di avervi contribuito economicamente in via diretta.
Una ex moglie conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Terni il coniuge divorziato per ottenere, previa declaratoria del regime di comunione legale in relazione a un immobile edificato dal marito in costanza di matrimonio su terreno di sua proprietà esclusiva, la condanna di quest’ultimo al pagamento del valore della metà del manufatto ovvero delle somme occorse per edificarlo. Il marito, ritualmente costituito, ha dedotto l’infondatezza della domanda, eccependo di aver costruito l’immobile con mezzi propri, senza l’apporto della moglie.

Pur avendo sostenuto di essere in comunione dei beni ed avendo contribuito alla vita familiare con il suo lavoro in casa arrivando a definirlo quale “lavoro manageriale diretto alla cura dei figli”, le due corti di merito (il Tribunale di Terni e poi la Corte d’Appello di Perugia) avevano rigettato le sue richieste anche perché non aveva dimostrato una partecipazione economica alla fabbricazione dell’immobile la cui realizzazione era quindi da ritenersi regolata dai principi generali in materia di accessione. La ricorrente, ricorrendo in Cassazione,  ha formulato il quesito di diritto con cui ha chiesto alla Corte, se, in ragione del principio costituzionale di uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, che parifica il lavoro casalingo a quello professionale, assuma rilievo nella previsione dell’art. 177 c.c., il lavoro manageriale del coniuge diretto alla cura dei figli.

Ebbene considerato che ormai anche il legislatore considera quello della casalinga un vero e proprio lavoro ci si sarebbe aspettati una risposta affermativa a tale quesito. Ma la Corte è stata di diverso avviso e  ritenendo corretta la sentenza di appello  ne ha modificato in parte la sola motivazione sostenendo che: “la costruzione realizzata in costanza di matrimonio ed in regime di comunione legale sul terreno di proprietà personale esclusiva di uno dei coniugi è di proprietà personale ed esclusiva di quest’ultimo in virtù dei principi generali in materia di accessione. L’altro coniuge, che pretenda di ripetere le somme spese, è onerato della prova d’aver conferito il proprio apporto economico per la realizzazione della costruzione attingendo a risorse patrimoniali personali o comuni; di contro il coniuge proprietario non è tenuto a dimostrare d’aver impiegato denaro personale né personalissimo”

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