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Cultura

La buffa solitudine di Angelo Otero, Pulcinella nel 2018

NAPOLI (di Cristina Cipriani) -Il Teatro Sancarluccio di Napoli ha ospitato la presentazione del libro «La buffa solitudine» di Angelo Otero, organizzata da «Il mondo di suk» (editore della rivista online sul teatro e di narrativa teatrale) e l’associazione culturale «Il Corvo».

Hanno partecipato anche i giornalisti, Gianmarco Cesario, direttore di teatro.org e organizzatore della kermesse «La Corte della Formica», Antonio Mocciola, caporedattore de «Il Brigante» e il regista Vittorio Lucariello Teatro Spazio Libero.

Più volte definita durante la presentazione una favola tragicomica, La buffa solitudine passa facilmente dall’essere un romanzo a un copione teatrale, tanto che mi permetto di definirlo romanzo teatralizzante, perché quegli elementi tipici di un racconto romanzesco possono essere recitati sul palcoscenico. Infatti, la presentazione ufficiale è stata preceduta dalla lettura-interpretazione del testo, per opera dello stesso autore, di Simona Falco e del regista – voce narrante, Marco Prato.

Sono riusciti a raccontarci, recitando, la trama del romanzo che è ambientato nella Napoli del futuro (nel 2018) che può vantarsi di strade pulite, di tecnologia di ottava generazione e dell’assenza di disoccupazione, eppure c’è soltanto una persona che non riesce ad adattarsi a questa nuova realtà e che è anche senza lavoro: Pulcinella.

Potremmo dire che il futuro con questo personaggio fa un salto nel passato percorrendo le origini della famosa maschera napoletana, costretta smascherarsi perché oramai tutti si sono costruiti un’immagine lontana dalla verità, ma soprattutto poiché, spiega l’autore e come si evince dalla copertina del romanzo, “l’uomo è fatto strummolo del suo destino”.

Infatti, Pulcinella è passato dall’essere Maccio, suo “tris-tris- tisavolo”, a Edoardo, da Peppe Barra a quel “giovane Massimo, cu chilli bell’uocchie fute e chine ’e malinconia” , fino ad essere identificato come simbolo della pizza di qualità.

Pertanto, Angelo Oreto ritiene che Pulcinella sia regredito dall’essere archetipo, immagine costante dell’inconscio collettivo e, una volta entrata nella storia, anche mitiche, a stereotipo di una Napoli antica, ribelle, svogliata, che però nel 2018 è diventata una città sconfitta e serva, non più capace di chiedere la vera libertà. 

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